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June 30, 2024

Amare significa abbracciare l'altro nelle sue fragilità

Fernando Lozada

Oggi è la nostra prima vera giornata a Cañete. La sveglia suona alle 6:30 per essere puntuali, o quasi, dato che la fatica e il freddo si fanno sentire. Probabilmente molti ragazzi ieri hanno preso freddo tra la partita di calcio e la piscina non essendosi coperti subito. Nonostante tutto, sono quasi tutti puntuali.

Iniziamo come sempre la giornata con la preghiera del mattino e poi passiamo alla colazione. La colazione qui non è molto diversa da quella di Lima, anzi è praticamente uguale. Questa volta abbiamo deciso che tutte le attività di riflessione interiore e spirituale, o qualsiasi nome gli si voglia dare, saranno svolte la sera prima della cena anziché dopo la colazione.

Così, alle 8:15 iniziamo a salire sugli otto pulmini che ci porteranno al villaggio di Aristide Merloni, un villaggio dove costruiamo casette dal 2016, l’anno in cui siamo arrivati per la prima volta in questo posto, che oggi ospita più di 250 famiglie. Questo numero, però, aumenta di anno in anno a causa dell’immenso flusso di persone che vi arriva. A volte, una famiglia parte e non lascia la casa ma la porta con sé, grazie al grande vantaggio delle case prefabbricate che sono fatte di moduli. Altre volte, invece, le case vengono lasciate e poi “riciclate” dalla nostra organizzazione partner per essere assegnate a nuove famiglie.

Arrivati a Aristide Merloni, ci aspettano all’entrata del villaggio le 10 famiglie, con bambini, madri e padri, che ci accolgono con dei palloncini. Una volta scesi dai vari pulmini, chiediamo ai ragazzi di dividersi in squadre, cercando di far capire dove inizia una squadra e dove finisce un’altra.

Fare la fila è un concetto che forse in Italia non è molto chiaro, ma qui lo sperimentiamo. I ragazzi si avvicinano alle famiglie beneficiarie, dicono il loro nome e vengono accolti con grida, urla di gioia, sorrisi e tentativi di abbracci. Sembra quasi una competizione per vedere chi viene scelto per primo. Così, una dopo l’altra, ogni famiglia si ritrova con un gruppo di ragazzi da otto a nove membri e un membro dello staff. In questi quattro giorni questi gruppi di ragazzi avranno il compito di costruire la loro casa.

Il primo compito della squadra è quello di andare sul terreno, vedere l’attuale situazione e le condizioni di vita della famiglia, conoscerli, sapere chi sono, quanti sono, come si chiamano, quanti anni hanno, perché sono qui, da dove vengono. Insomma, devono raccogliere tutte le informazioni possibili.

Dopo che ogni squadra è stata formata, ci ritroviamo tutti insieme per iniziare a scaricare i materiali. Arrivano due enormi camion, il che ci permette di dividere i ragazzi in due grandi gruppi, o meglio, in cinque squadre per ogni camion. Questo metodo è molto efficace: se fosse arrivato un solo camion, avremmo avuto il problema che molti ragazzi sarebbero rimasti senza nulla da fare, invece così è perfetto. Da una parte Maria e dall’altra parte io, coordiniamo i ragazzi su come e dove mettere i vari pezzi che cominciano a scendere dai camion, spinti da quattro coraggiosi camionisti. I ragazzi, in poco spazio, devono riuscire a spostare i vari pezzi delle casette.

Quando abbiamo finito di scaricare tutto, più o meno verso le 11:30-12:00, diamo l'ordine che, per poter mangiare, tutte le mura di ogni casa dovranno essere nei propri terreni, tranne i pavimenti, che sono i pezzi più pesanti e che lasceremo per il pomeriggio dopo pranzo. Strada facendo, ci rendiamo conto che la ditta di trasporto purtroppo non è riuscita a caricare, per il poco spazio disponibile, tutti i pezzi necessari per ogni casa. Mancano una trentina di mura, tre per casa (praticamente le tre mura di dietro), che arriveranno domattina presto.

E così, come piccole formiche, da un lato all'altro del villaggio, i ragazzi trasportano tutte le mura verso i terreni delle loro future case, lasciando per ultimi i pesantissimi pavimenti, come già detto. Arrivate le 13:30, hanno portato già tutto con grande entusiasmo e finalmente si mangia. Le signore del paese hanno preparato davanti a noi delle frittelle di verdura, che sono già state molto apprezzate dai ragazzi a Pamplona. Anche queste sono molto buone, ma non arrivano ai livelli di quelle di Pamplona. Ci faremo sicuramente dire la ricetta in futuro.

Dopo mangiato, ci diamo subito da fare. Verso le 14:00/14:15, iniziamo a portare tutti i pavimenti in ogni casa. È una faticaccia, un lavoro tostissimo, ma andiamo avanti e i ragazzi lo fanno alla grande. Riescono a finire tutto verso le tre del pomeriggio, cosa che non ci saremmo aspettati sinceramente, al punto che avevamo dato appuntamento ai pulmini alle 16:30. Al che, chiamiamo subito il responsabile e li facciamo arrivare prima.

Prima di partire, è necessario fare un controllo generale per assicurarci che tutti i pezzi siano a posto. Temiamo il peggio quando vediamo che c’è un muro ancora lì, solo e abbandonato, non preso da nessuno. Inizia così la caccia alla casa che non ha il muro.

Questa caccia non è affatto semplice perché, come ben sapete, i ragazzi non hanno il cellulare e quindi non possiamo comunicare con loro. Cosa fare, allora? Gridare, correre, andare di qua e di là. Dopo 10 minuti senza concludere molto, decidiamo di fare un mini raduno con tutti i ragazzi caposquadra. Ogni caposquadra deve tornare alla propria casa e contare i pezzi dopo un breve promemoria di quali pezzi devono avere.

Al ritorno, scopriamo il problema: una squadra aveva tre muri uguali e mancava un muro, mentre un’altra squadra aveva lo stesso problema. Questo mi infastidisce molto perché l’indicazione era molto semplice: prendi uno di qua, prendi uno di là, prendi due di qua e hai fatto. Invece, per qualche strano motivo, forse la fretta, i ragazzi non hanno seguito queste semplici istruzioni.

Ora, però, non è così semplice identificare a chi manca quale pezzo. I ragazzi hanno notato che manca un pezzo, ma non hanno capito bene quale e in quale verso. Dopo un altro giro, finalmente riusciamo a trovare tutto, sistemiamo tutto e ci prepariamo per tornare a casa.

Arrivano i pulmini, ma subito uno fora una gomma, per cui un gruppo di ragazzi arriverà almeno mezz’ora dopo all’albergo, per la gioia di tutti (ovviamente in modo ironico). Arrivati in albergo, si corre per fare la gara a chi fa per primo la doccia. Hanno due ore per prepararsi e alle 18:30 ci ritroviamo in auditorium.

La tematica della riflessione di oggi è la natura dell’amore. Di solito facciamo prima la conferenza e poi la riflessione personale, ma oggi non vogliamo “condizionare” i ragazzi ma vogliamo che ognuno di loro affronti la riflessione personale senza aver ancora ascoltato la conferenza. Ovviamente, i testi fanno da guida.

Dopo la riflessione personale sull’amore, ci ritroviamo in auditorio per fare un bilancio della giornata. Ci congratuliamo con i ragazzi per il perfetto equilibrio che hanno mantenuto tra lavoro fisico, interazione con le persone del posto e, soprattutto, giocare con i bambini. Li sproniamo a continuare a vivere nello spirito autentico di questa missione, con particolare attenzione all’esperienza di gruppo.

Decidiamo di rimandare i gruppi di riflessione a domani, vista la stanchezza dei ragazzi e l’alta possibilità che molti di loro si addormentino durante l'attività. In effetti, la giornata di scarico dei materiali è sempre la più impegnativa in assoluto.

Un aspetto molto importante e bello di questa giornata, ripeto, è stata la gioia dei bambini. I nostri ragazzi hanno dedicato loro del tempo, hanno giocato, abbracciato, saltato e riso insieme. È stato bellissimo vedere come, nella gratuità di un abbraccio, di un sorriso e di un gesto così bello come i nostri rapporti umani, ci si ritrova tutti, indipendentemente dall’età, dalla provenienza e da ogni tipo di differenza che a volte pensiamo siano condizionanti.