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June 17, 2025

"Tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio"

Fernando Lozada

Primo giorno della settimana: si inizia a scoprire com’è davvero questa parte di Lima nei giorni lavorativi. I primi due giorni (sabato e domenica) ci avevano quasi illusi: traffico minimo e un cantiere pieno di “vecinos”, tra sorrisi e mani che aiutavano anche in cucina.

Dopo la prima colazione, ci ritroviamo in auditorium per la riflessione del giorno. Oggi è il momento della seconda riflessione personale, in continuità con la conferenza ascoltata ieri: un approfondimento sul senso della felicità, intesa come ricerca di ciò che è bello, buono e vero, una felicità infinita… o forse una ricerca infinita della felicità. Fin dal primo giorno, a ciascun ragazzo è stato consegnato un libretto personale, con testi e domande pensati per accompagnare questo cammino interiore. I brani proposti oggi ci invitano a guardare, da prospettive diverse, alla ricerca di senso dell’essere umano — una ricerca che sembra spinta da un desiderio profondo di qualcosa che non finisca, che ci riempia davvero. Perché, anche se il mondo che ci circonda è bello, non basta a placare le nostre sete e le nostre fami più profonde. Per essere meno inquieti, più sereni, in pace… abbiamo bisogno di un nutrimento solido. Un nutrimento che abbia il gusto dell’infinito. Prima di lasciare ai ragazzi alla lettura e alle domande, leggiamo insieme a loro un testo di Leopardi dallo Zibaldone:

“... il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena né per dir così dalla terra intera, considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, la mole e il numero meraviglioso dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio. Immaginarsi il numero dei mondi infiniti e l’universo infinito e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande di siffatto universo, e sempre accusare le cose di insufficienza e nullità, e patire mancamento e vuoto e perciò noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di umiltà che si venga nella natura umana”.

Poco dopo, lo stanzone che ci accoglie si riempie di silenzio. E no, non è un controsenso: ci sono silenzi che sanno di vuoto, ma anche silenzi che traboccano di presenza, di ascolto, di interiorità. Gli occhi dei ragazzi, molti dei quali poco abituati a leggere al di fuori della scuola, si posano sui loro libretti. Li sfogliano, li scrutano, si danno da fare. Poi è il turno delle penne, che cominciano a muoversi senza sosta, mentre provano a dare forma ai pensieri, a rispondere alle domande.

Partiamo all’orario di sempre, e va detto che il traffico non è molto diverso dal solito — forse ci mettiamo solo cinque minuti in più ad arrivare. Quello che sorprende, però, è la nebbia. Man mano che saliamo verso la montagna, la visibilità si riduce fino a non vedere oltre dieci metri. Per fortuna è solo passeggera: quando iniziamo a lavorare, la nebbia si è già dissolta, anche se il cielo grigio di Lima continua ad accompagnarci, fedele e instancabile. I ragazzi si mettono subito al lavoro, con impegno e determinazione. Oggi si lavora solo mezza giornata, perché nel pomeriggio visiteremo diversi istituti per bambini e anziani. Questo però significa che dobbiamo accelerare il ritmo per riuscire a raggiungere l’obiettivo del giorno. Per ottimizzare il tempo, decidiamo perfino di fare due turni per il pranzo, così da non interrompere troppo a lungo il flusso del lavoro.

Dopo pranzo scendiamo dalla montagna e ci distribuiamo nei nostri tre pullman — questa volta non in base al cantiere, ma ai gruppi destinati a lavorare con bambini e anziani. Nei prossimi tre giorni vi racconteremo di questi tre luoghi, uno alla volta.

Partiamo alle 17, con l’idea di arrivare a casa entro le 17:45: giusto in tempo per fare merenda, partecipare — per chi lo desiderasse — alla Messa, poi i gruppi di riflessione per i ragazzi, la cena e infine a dormire. Ma il piano salta subito: pochi minuti prima della nostra partenza, un incidente blocca l’autostrada che ci riporta a casa. Il risultato? Uno dei pullman rimane bloccato per tre ore e mezza, gli altri due per quasi cinque. Potete immaginare la “disperazione” — e soprattutto la fame — dei ragazzi rimasti fermi così a lungo. In due dei tre pullman, addirittura, partono spontaneamente dei rosari (non chiedetemi come sia successo), nella speranza che la forza della preghiera potesse “sbloccare” il traffico. Ma si sa, la preghiera funziona in modi misteriosi… e il traffico, purtroppo, resta quello che è.

I ragazzi del pullman che arriva alle 20:30 vanno di corsa a mangiare, mentre aspettano l’arrivo degli altri due. Ma dopo quattro ore e mezza di attesa, di cui le ultime tre passate a percorrere letteralmente 400 metri, decidiamo di cambiare piano: approfittando della presenza di un ponte pedonale a pochi metri dalla nostra struttura, facciamo scendere i ragazzi e proseguiamo a piedi per l’ultimo tratto — una camminata di circa 15 minuti. Alle 22, finalmente, siamo tutti a casa. Confusi, proprio come il primo giorno, su cosa si senta di più: fame o sonno? La risposta me la do da solo: fame, senza dubbio. Anche perché, una volta cenato, il sonno sembra svanire: si continua a chiacchierare fino alle 23:30, e qualcuno trova pure l’energia per una partita a calcio!