L'amore: centro e fulcro della propria esistenza
Stamattina la sveglia ha suonato un po’ prima. Non per tutti, solo per otto ragazzi che nei giorni scorsi avevano deciso di prendere poco sul serio gli orari di partenza mattutini. Lo staff maschile, che ha memoria lunga, ha pensato bene di trascinarli fuori dal letto alle sei in punto (mezz’ora prima del dovuto) per correre cinque chilometri, come promemoria che ogni gesto ha un peso. Punizione? Forse sì, ma anche occasione per ridere, per stare insieme in modo un po’ goliardico, per vivere le regole come strumento e non come limite.
Il tempo, intanto, ci ha fatto un favore. Le previsioni ci avevano minacciato pioggia, ma il cielo si è aperto e ci ha regalato una giornata perfetta. E proprio oggi avevamo bisogno che fosse così. Perché oggi è il giorno della corsa finale: chiudere i lavori, sistemare ogni dettaglio, per poterci godere domani una giornata di festa insieme ai bambini. Un giorno in cui i giochi si apriranno davvero, e i sogni costruiti in questi giorni prenderanno forma.
Ma prima di metterci al lavoro affrontiamo l’ultimo grande tema del nostro itinerario spirituale.
Dopo essere entrati dentro loro stessi ed aver fatto i conti con la loro felicità, i loro limiti, le loro paure i ragazzi arrivano al cuore della questione, a ciò che tiene unito tutto il vissuto, l’amore. L’amore non visto come mero sentimento, dipendente da circostanze e stati d’animo alterni, ma amore inteso come fondamento, come centro e fulcro della propria esistenza. Amore incondizionato, indipendente da se e ma, amore che coltiva e non recide, che si prende cura dell’altro, che cammina con l’altro in direzione della sua e della propria verità interiore. Insomma un amore che sia il frutto di responsabilità e impegno personale e profondamente ancorato alla verità di se stessi e della realtà che li circonda. I ragazzi vengono ancora una volta incoraggiati a prendersi sul serio, a curare realmente la propria interiorità, ad amarsi e ad essere pronti ad accogliere l’amore, perchè nessuno può dare ciò che non ha. Lasciamo i ragazzi con alcune domande per la giornata: sono aperto a ricevere l’amore? Sono pronto a rischiare d’amare? Sono pronto a sostenere il lavoro che richiede l’amore? Siamo convinti che prendendosi sul serio, facendo chiarezza su se stessi a se stessi, i ragazzi possano diventare vero strumento d’amore nel mondo, per il mondo.


Si inizia a lavorare. Il gruppo che è andato alla struttura che ospita ragazze disabili ha dovuto affrontare uno dei momenti più delicati: i saluti. Le ragazze che abbiamo incontrato in questi giorni forse non sempre comprendono fino in fondo le parole dette, ma lo sguardo non mente. Si sono affezionate. E anche i ragazzi lo hanno capito. C’è una dolcezza nuova nei loro gesti, una cura più attenta, una presenza più consapevole. La Madre Superiora lo aveva detto chiaramente il primo giorno: “È impossibile andarsene da qui senza essere cambiati almeno un po’.” Ed è proprio quel “po’” che vediamo nascere negli occhi dei ragazzi: una nuova empatia, un rispetto profondo, e forse – per la prima volta – la gratitudine per ciò che a casa è dato per scontato.
Nel frattempo, anche il capitolo falegnameria è arrivato alla sua conclusione. Da giorni, a rotazione, gruppi di quattro ragazzi lavoravano con Edi – un benefattore locale – alla costruzione di un grande gazebo. Un dono speciale per le suore che accudiscono le ragazze disabili. Fino ad ora, nei mesi più caldi, non potevano portarle all’aperto: troppo sole, troppo caldo, nessuna zona d’ombra. Edi ha messo il progetto, i materiali, le competenze. I ragazzi, il tempo e l’energia. Dopo nove giorni di lavoro, oggi il gazebo è stato consegnato. È difficile descrivere la commozione negli occhi delle suore. Forse perché in quel legno c’era molto di più di un tetto: c’era cura, ascolto, dedizione. E un’ombra nuova, sotto cui ritrovare un po’ di pace.
Al monastero invece, oggi, cinque ragazze si sono date un obiettivo ambizioso: concludere tutto ciò che mancava. In una corsa contro il tempo sono riuscite a ridipingere le ultime statue del giardino e il grande cancello d’ingresso. Le suore ci avevano raccontato quanto ci tenessero: è la prima cosa che si vede, il biglietto da visita del loro mondo. Ora quel cancello è lucido, curato, e accoglie chi entra con la bellezza che meritava.
Alla casa famiglia, intanto, si toccano gli ultimi dettagli. Ieri il trampolino è stato montato e a fine giornata c’è stata la sorpresa per i bambini. La loro gioia è stata contagiosa, uno di quei momenti che restano incisi. Oggi resta solo da ritoccare con la vernice due giochi ancora in buono stato, e poi il parco sarà pronto. In cantiere si stanno dando le ultime pennellate. La piscina, quella donata per combattere il caldo, potrà essere montata già da domani. I bambini non lo sanno ancora, ma li aspetta un’estate diversa.
La giornata finisce con i consueti gruppi di riflessione. I ragazzi si aprono, parlano, condividono e lentamente scavano dentro loro stessi alla ricerca della propria verità, della propria realtà. La missione si avvicina alla fine. La stanchezza si fa sentire (non solo per chi ha dovuto correre..) ma a poco a poco il frutto di tanto impegno sta già facendo vedere il lato migliore dei volontari.