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July 1, 2023

Cercare una felicità che rimane perché salda

Fernando Lozada

Si torna all’orario normale. Alle 7:00 del mattino sono tutti, o quasi tutti, seduti nella chiesetta che si trova al centro dei due palazzetti dove alloggiano le ragazze. Quando ai ragazzi viene chiarito che non si tratta di “un'altra messa” ma di una breve preghiera per iniziare la giornata, fanno un sospiro di sollievo. E in effetti da quest’anno abbiamo scelto di fare una preghiera più corta, più essenziale, ma soprattutto lasciando che la Parola, il Vangelo del giorno, illumini la giornata che inizia. Ogni preghiera del mattino è composta quindi da una preghiera che recitiamo tutti insieme, in seguito il Vangelo del giorno, poi una brevissima riflessione che, pur rimanendo spirituale, porta sul concreto quanto letto, così dare qualche spunto di vita ai lettori. Infine la preghiera del Padre Nostro e quella dell’Ave Maria, e poi tutti alla prima colazione!

Le colazioni sono fatte da caffè, latte e acqua calda. Ci sono sempre le uova, e infine tanta frutta, ma che non è mai abbastanza per il desiderio di frutta che hanno i ragazzi. Quindi li vedi puntualmente in fila davanti alla cucina alla ricerca di più mele, più granadillas e più banane, che con un sorriso enorme il personale di servizio mette a loro disposizione. Non c’è maggior gioia per un cuoco di vedere la gioia di chi mangia. 

Finita la colazione si tiene la prima conferenza, quella sulla felicità. Riassumendo tanto, ma veramente tanto un “discorso” fatto di tanti esempi che rendano il tutto più comprensibile, proviamo a trasmettere ai ragazzi alcuni contenuti. Che ogni azione che fa l’uomo, anche quelle oggettivamente sbagliate, in fin dei conti le fa perché vede in esse la possibilità di essere più felice. Essere più felice vuol dire, in questo senso, trovare pace, essere sereno, non soffrire, e via dicendo. Solo un folle sceglie il male per il male. Chi si droga, anche pesantemente, o chi beve, in fin dei conti lo fa per cercare di scappare da una realtà che ritiene noiosa o che lo fa soffrire, e lo fa in ogni caso alla ricerca di qualcosa che faccia passare quella noia o quella sofferenza. Ovviamente anche le cose belle possono essere ricondotte a questo pensiero: le facciamo perché vediamo in esse un cammino, una possibilità di essere felici, di stare meglio. 

In questo contesto parliamo anche dell’essere umano come di qualcuno che ha bisogno del vero, della verità su stesso, sulla propria storia, sapere da dove viene, chi è. Frutto di questo desiderio del vero, è l'aspirazione a scoprire ma anche ad inventare, che, su tanti fronti, è la meraviglia che significa la scienza. La fame di conoscenza dell’essere umano oggi l’ha portato a fare dei passi enormi. Insieme al bisogno del vero c’è anche la sete di quanto è buono e la fame di quanto è bello. E la felicità difficilmente la si trova, quella che dura e che sussiste anche nei momenti di difficoltà, se uno di questi elementi manca nella nostra vita.

Parliamo infine di un desiderio infinito di felicità, non di qualcosa che passa ma che dura, e che ce ne sia tanta. E facciamo notare come nella vita facciamo tante scelte in questa ricerca. Alcune ci danno un risultato effimero, veloce, che dura poco, ma soprattutto che ci lascia più vuoti di prima. Altre invece ci riempiono, come se ci esplodesse il cuore e fossimo anche inondati di tanta pace. Questa invece rimane, dura, è salda. L’invito ai ragazzi è quello di individuare nella loro vita cosa stanno facendo per essere felici e se le scelte che fanno li portano a una felicità passeggera che li lascia più vuoti di prima o una felicità più salda, che dura, e soprattutto che riempie. 

Partiamo e alle 9:30 siamo già nel nostro cantiere. A differenza di ieri, il sole non c’è, o meglio è coperto da una fitta nebbia, perché il sole c’è sempre. La fitta nebbia impedisce di vedere quanto è grande Pamplona, ma soprattutto crea un clima ideale per il lavoro. A differenza di ieri, oggi i ragazzi sanno già cosa fare, si distribuiscono tra i vari capocantieri e si mettono al lavoro. E siamo in un vero e proprio cantiere. Dalla salita della nostra collina rocciosa a sinistra, c'è il gruppo che fa le scale. Questo gruppo non ha la betoniera, quindi deve fare il cemento a mano. E sono certo che in molti pochi sanno non soltanto come esso venga fatto, ma soprattutto quanto è faticoso farlo a mano.

Invece, verso destra, ci sono i gruppi che devono mettere il cemento sulle mura, altri sulle tribune, altri addetti a portare dalla parte più alta tutto il materiale verso le betoniere, che sul campo di calcio sono in due.

E poi ci sono le squadre che devono portare il cemento dalle betoniere in giro per il campetto per riempire i vari quadranti. Il vantaggio di avere tanti gruppi piccoli è che lavorano veramente tutti, ognuno ha un compito preciso, a volte un po' ripetitivo, e quindi anche faticoso dal punto di vista mentale. Ma non è solo un vantaggio, è una cosa bellissima, i ragazzi lavorano con gioia, si divertono, c’è una bellissima playlist di musica fatta da una di loro, e quindi stanno bene, sporchi, sudati, con il cemento ovunque, e soprattutto felici. 

Dopo aver mangiato ci dividiamo in 4 gruppi. 3 vanno nelle strutture per bambini, anziani e adulti abbandonati. Un altro gruppo, invece, rimane per lavorare ancora un po' al campo da gioco per poi passare del tempo con i bambini nel campetto e nel parco giochi che abbiamo costruito con il primo gruppo. Tornano a casa verso le 17:30 e parte un torneo di calcio tra i ragazzi. E ogni volta che passo alzo gli occhi al cielo sperando che nessuno si faccia del male. Le ragazze invece passano il tempo giocando a carte, e così fino all’ora di cena. 

Dopo cena ci incontriamo in auditorio per fare la prima riflessione personale. Esse si fanno di solito la mattina, quando ci si aspetta che i ragazzi siano più svegli e riposati. Devo dire che a vederli, si sono dati molto da fare, e l’hanno presa molto seriamente. La prima riflessione personale cerca di fargli prendere consapevolezza sulla domanda “dove sono ora?”. Che è una domanda fatta di tante altre domande, “come sto? dove sto andando? cosa sono venuto a cercare? che c’è nella mia vita che mi fa male? cosa c’è di bello nella mia vita? che differenza vorrei fare?”... insomma un bel esercizio di consapevolezza del momento presente.  Alla fine di questo esercizio i ragazzi passano del tempo insieme e poi, piano piano, vanno finalmente a dormire dopo una dura giornata di lavoro.