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August 6, 2023

Ciascuno di noi è un capolavoro unico e originale

Fernando Lozada

Dopo il normale rituale di ogni mattina questa volta l’incontro in auditorio delle 8:00 è destinato alla seconda conferenza di questo viaggio.

Dal momento che l'uomo è un ricercatore del vero, del buono e del bello, il suo cuore non può mai stare fermo, è sempre in movimento, cerca sempre punti di riferimento a cui affida la sua serenità e lo stato della sua vita, tra cui la felicità. E così facciamo delle nostre azioni e delle nostre scelte uno strumento per raggiungere questa felicità. Non una felicità passeggera ma una felicità che permane. Però se è vero che questo desiderio profondo e infinito di felicità esiste e c’è nel cuore dell’uomo, e se è vero che niente di quanto c’è in questo mondo potrà mai soddisfarlo, spesso c'è il rischio di sbagliare la mira e di affidare a realtà limitate e piccole il potere di definirci e di definire se abbiamo un valore o meno. La tematica di oggi riguarda gli idoli. Noi di solito siamo abituati a pensare all’idolo come a qualcuno che si ammira, ma in questo contesto vogliamo parlare degli idoli come di quelle realtà (a volte cose, altre volte persone o eventi e traguardi della nostra vita) a cui diamo il compito di definire chi noi siamo e di definire il nostro valore. Gli idoli diventano tali quando diamo loro diamo un’importanza talmente grande (che in realtà non gli spetta) che sembra che tutta la nostra esistenza dipenda da essi. Il potere e il successo possono essere degli idoli. Lo può anche essere l’apparire: ci sono persone che vivono per il loro apparire (sia estetico che materiale) e così sembra che la loro vita, la loro felicità e identità dipenda da tutto ciò. Il fatto che siano degli idoli lo si capisce soprattutto quando queste cose vengono a mancare: ci si ritrova come se si avesse perso tutto. Allo stesso modo possono diventare idoli anche realtà più profonde come i traguardi, i successi professionali o nello studio. Lo diventano quando si fa di loro un assoluto nella propria vita. Nel momento in cui questi risultati per qualche motivo non arrivano, ci si ritrova come se non si avesse nulla tra le mani, come se si avesse perso la propria identità, non si sa più chi siamo e quale è il nostro valore. Troppo spesso - soprattutto nel mondo dei giovani - si affida il valore di sé a un traguardo professionale o si assolutizzano le aspettative degli altri. Capita tante volte, soprattutto nei nostri tempi, che si viva per le aspettative degli altri, a volte persino tradendo se stessi, recitando un ruolo, e non mostrandosi per quello che si è veramente in quanto si ha paura di essere giudicati, di rimanere da soli, si ha paura di deludere le aspettative degli altri. Così queste ultime diventato dei veri e propri idoli che provocano l’ansia di dovergli rispondere. E questo è particolarmente pericoloso perché, in fin dei conti, ciò che muove il cuore dell’essere umano è il desiderio di essere accolti e amati e a volte, a causa di questo meccanismo, pur di essere accolti e “amati” si scende a compromessi solo per rispondere alle aspettative degli altri. L’inganno in questo è che non potremo mai essere amati se non ci mostriamo per quello che siamo veramente. Se qualcuno ci ama per quello che noi fingiamo di essere o solo per le nostre azioni o per i nostri traguardi e successi, allora non è un amore del tutto sincero perché l’amore vero osserva e ama la persona nella sua “nudità”, così come è. A volte questa tendenza a dover soddisfare le aspettative altrui ci porta a non essere noi stessi. E questo - come molti degli stessi ragazzi ci raccontano - vuol dire vivere nell’ansia. Vivere nell’ansia di dover rispondere a tutte le aspettative.

Finita la conferenza partiamo per un'altra intensa giornata di lavoro. La fatica e la stanchezza cominciano a farsi sentire. Il ritmo è davvero molto tosto. Oltre al cantiere di costruzione delle due aule, i ragazzi sono impegnati nell’animazione con i bambini e nella pittura di murales pedagogici in altre otto aule scolastiche. Nonostante la fatica, il lavoro va avanti alla grande. Come al solito facciamo una piccola pausa per poter dare da mangiare ai bambini (oggi il menù prevede il riso con i fagioli che i bambini divorano) e allo stesso tempo per rifocillarci all’ora di pranzo.

Alcuni di noi visitano una famiglia nella loro umile casa: è un privilegio varcare la soglia del loro piccolo rifugio e ascoltare la loro storia.

Lavoriamo fino alle 16:30. Dalle 16:30 alle 17:00 parte una vera e propria festa con tanto di coreografie guidate dai nostri ragazzi e seguite con un buon ritmo dai centinaia di bambini presenti.

Una volta partiti, arriviamo a casa e celebriamo la messa alle 18:30. Alle 19:00 un sacerdote ruandese che ha studiato a Roma per alcuni anni ci fa un approfondimento della storia del Rwanda, concentrandosi sulla storia del genocidio. Alla sua presentazione si aggiunge una mezz’ora di domande da parte dei ragazzi che si rivelano molto interessati a questa delicata tematica legata alla terra dove ci troviamo. Il sacerdote conclude il suo intervento ringraziando i nostri ragazzi per quello che fanno: era particolarmente impressionato dalla loro organizzazione ma soprattutto dalla gioia e dall'entusiasmo con le quali stanno portando avanti questa missione.

Finita la presentazione, andiamo a mangiare. Dopo mangiato il solito rituale delle chiacchiere, delle carte e della birra fino a mezzanotte.