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July 3, 2025

Cosa fare del male compiuto e da quello ricevuto?

Fernando Lozada

I primi raggi di sole dopo quasi una settimana dal nostro arrivo in Peru iniziano a farsi vedere. I ragazzi non lo sanno, ma da domani è previsto il sole. A loro non diciamo nulla per non alimentare false speranze, ma devo dire che già oggi il cielo è stato meno coperto del solito e la solita fastidiosa nebbia non si è più vista. 

Oggi è l’ultima giornata di lavoro pesante, dovremo finire con tutto cio che ha a che fare con il cemento in modo che per domani sia tutto asciutto. Domani, come penso di aver scritto precedentemente, dovremo solo fare i ritocchi, e preparare tutto per l’inaugurazione.
Il progetto nel campo di calcio va avanti senza ritardi. Il muro invece, vista la mancanza di personale è indietro di una mezza giornata, motivo per il quale oggi abbiamo deciso di creare un delta team di ragazzi che lavori sul cemento anche nel pomeriggio. 

Una notizia fantastica è che la totalità del gruppo B è tornato a lavorare. Proprio tutti, staff compreso, e il cantiere si innonda dalla loro presenza, una forza che lavora con tanta gioia, con se fossimo in una grande festa. Ci sono due elementi fondamentali che fanno vivere l’esperienza senza soffermarsi troppo nella fatica o dal fatto che siamo, obiettivamente, circondati da tante scomodità: La missione, cioè il progetto e soprattutto le persone per cui essi vengono realizzati; e l’amicizia, l’esperienza di un gruppo che lavora insieme. 

E mi fa pensare a due aspetti fondamentali non solo durante le nostre esperienze di volontariato ma proprio nella nostra vita di ogni giorno. Abbiamo tutti bisogno di un “senso”, di un nord, di un ideale per cui spendere la nostra vita. Più alto è il nostro ideale, più nobile è la nostra anima. E per questi ragazzi qui in Peru l’ideale è quella di lasciare qualcosa di concreto per queste persone che hanno così poco, ma tutto quel poco viene donato a loro, ma soprattutto donano la loro accoglienza. Dare un senso al proprio tempo ci libera dalla noia, dal buttare il proprio tempo in cose efimere. Sicuramente è più faticoso, ma è proprio da quella fatica che scaturisce qualcosa di bello per la propria vita.

Il secondo aspetto fondamentale per la nostra vita invece sono le relazioni. Nessuno può essere felice da solo, non esiste felicità vera se questa, o la vita stessa, non è condivisa. L’amicizia, la nostra rete di relazioni, lo scoprirci profondamente amati per quello che noi siamo e non per quello che facciamo, ci salva, ci riscatta, ci libera dal sentirci soli. E così combattiamo l’altro grande “mostro”, a mio modo di vedere, dei nostri giorni: la solitudine. Siamo in un periodo storico pieno di connesioni, ma allo stesso tempo pieno dell’esperienza di solitudine. 

Tornati a casa dopo aver visitato i diversi istituti, i ragazzi del gruppo A hanno tempo liberero per stare tra di loro, e per chi lo desidera ce anche la messa del giorno. I ragazzi del gruppo B invece “recuperano” il programma, che in qualche modo avevamo ritardato a causa dei vari ragazzi malati del secondo giorno. Oggi quindi abbiamo concluso, con entrambi gruppi, la difficile tematica della sofferenza.

La sofferenza non è mai qualcosa di astratto, e il più delle volte è conseguenza delle nostre azioni, come lo è anche il male. Risulta contrastante prendere atto che siamo un essere capace di cose grandi, che desideriamo il bene, il vero, il bello, che siamo alla ricerca di una felicità infinita e che essa si fonda nell’amore, a cominciare dall’amore per se stesso che si diffonde poi verso gli altri. Odio, invidia, tradimento, rabbia, frustrazione e chi più ne ha più ne metta esistono, ed esistono nei nostri cuori. E ci viene da chiedere come mai un essere che desidera l’amore, che è creato per l’amore, e che solo nell’amore può trovare autentico riposo, delle volte, chi più chi meno, è capace di fare il male. Questo male che vediamo presente nei giornali che leggiamo, o in TV, quel male che in ogni angolo del mondo uccide, per mano di tanti uomini e donne, anime innocenti. Quel male che consente, sempre per scelte umane, le ingiustizie più grandi. L’essere umano nonostante sia chiamato a un amore senza fine, a una vita piena, compie delle azioni che sono in perfetta oposizione con quello che veramente lo realizza. Come mai?

Penso che ce una creppa, una paura fondamentale dentro di noi, un inganno che ci porta a scegliere, non poche volte, cio che ci allontana da noi stessi, ci fa star male, e fa stare male gli altri. Da questo poi ne vengono le sofferenze, i nostri dolori, che sono come una spia che ci dicono che ce qualcosa che non sta andando bene, e che ha bisogno, prima di ascolto, poi di cure. Ascoltare il proprio cuore, non solo nei suoi desideri più profondi ma anche nelle sue paure, è la condizione di una vita piena. Perché paure e sofferenze, se non “risolte” ci accompagnano per tutta la vita, il tempo non le fa “guarire”, restano silenziose, e delle volte possono determinare l’uomo e la donna che saremo in futuro, il padre o la madre, il marito o sposa, il professionale, l’amico o amica… tutto somma a ciò che sarà di noi, e niente va buttato, niente va cancellato.

Chi ha subito ogni tipo di violenza e anche chi l’opera, è portatore di ferite. Ma cosa fare con la sofferenza, cosa fare con le nostre ferite e con il nostro dolore? Ai ragazzi parliamo delle perle, quali pietre preziose, quindi di valore, che sono il frutto di una ferita… come per dire che ogni ferita, se “tutelata”, se amata, può trasformarsi in una pietra preziosa. Parliamo anche del Kintsugi, quell’arte giapponese con cui si “ricompone” qualcosa di rotto evidenziando le creppe con dell’oro, evidenziano così l’unicità in cui ogni pezzo è rotto in modo unico, e ogni creppa è ricoperta di oro. Come per dire che ognuno di noi è anche rotto in un modo unico, e che le nostre creppe non sono da nascondere, ma da osservare quali veri tesori perche ci predispongono ad amare, all’empatia.

Finiamo il discorso con il solito invito a domandarsi: Quali tipi di male opero nella mia vita? In che modo le mie azioni mi portano a volermi male e perché? Cosa voglio fare delle mie ferite, delle mie paure?