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Cose che si imparano solo stando insieme
La routine comincia a farsi spazio dentro ognuno di noi. Non servono più sveglie gridate o richiami continui: i ragazzi si alzano senza protestare, si muovono nei gesti del mattino con naturalezza. Nessuno chiede più a che ora si fa colazione o quando si parte per il cantiere. Le giornate hanno preso un ritmo tutto loro, e anche la sveglia presto – che solo pochi giorni fa sembrava insormontabile – adesso è solo parte del gioco.
Questa mattina, al nostro arrivo a Kibaya, ci siamo trovati davanti a una scena ancora più viva del solito. Se ieri i bambini ci erano sembrati tanti, oggi sembravano raddoppiati. In realtà, ieri era domenica e molti di loro erano a casa. Oggi, invece, ci è bastato un colpo d’occhio per comprendere, con chiarezza, perché ogni anno – ormai da quattro – torniamo proprio qui.
Negli ultimi anni, la scuola di Kibaya ha vissuto una vera trasformazione. Poco prima del nostro arrivo in Ruanda, è stata introdotta una mensa scolastica: un gesto che, per noi, può sembrare piccolo, ma che qui ha fatto la differenza. Per molte famiglie, infatti, mandare i figli a scuola non è sempre la priorità. Ma sapere che a scuola i bambini riceveranno un pasto completo cambia tutto.
Ed è così che, nel giro di pochi anni, gli alunni sono passati da 600 a oltre 1600. Un numero che parla di speranza, ma che ha portato con sé anche nuove sfide: classi sovraffollate, spazi insufficienti, difficoltà nel garantire a tutti un’istruzione adeguata. È qui che entra in gioco Wecare. Negli ultimi anni abbiamo costruito nuove aule per alleggerire le classi, un campo da basket che oggi è diventato un centro di risate, corse, sfide infinite tra bambini e volontari. E, soprattutto, continuiamo a sostenere ogni giorno i costi della mensa, per garantire ad ogni bambino un pasto.
Stamattina i ragazzi si sono rimessi subito al lavoro, tornando alle postazioni lasciate ieri con le mani impolverate e la soddisfazione negli occhi. I bagni iniziano a prendere forma, e con loro anche la consapevolezza di cosa stiamo davvero costruendo. Non più solo parole o progetti disegnati, ma muri che si alzano, tetti che si delineano, spazi che iniziano a esistere. Il cantiere funziona come una piccola macchina ben rodata: un gruppo si occupa di preparare il cemento, un altro trasporta i mattoni, un terzo lavora con precisione per assemblare tutto, strato dopo strato.
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Oltre ai gruppi del cantiere e a chi si dedica all’intrattenimento dei bambini – tra partite di calcio, danze e improvvisate lezioni di inglese – oggi si è aggiunto un nuovo gruppo: quello della pittura. Alcune aule, col tempo e il passaggio incessante di mani e zainetti, avevano perso colore e ordine. Così abbiamo deciso di ridare vita ai muri, partendo da una nuova base di bianco pulito. Da domani, con il supporto degli insegnanti, cominceremo a disegnare sui muri alcuni dei temi chiave affrontati in classe: il corpo umano, i numeri, gli animali, le lettere. Perché imparare, in un’aula colorata, può diventare un’esperienza ancora più viva.


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Rientrati a casa e dopo le docce, è arrivato uno dei momenti più importanti del nostro cammino: le riflessioni di gruppo. Dopo aver affrontato ieri, nella conferenza, il tema della felicità, oggi i ragazzi si sono presi del tempo per pensarci da soli, rispondendo a delle domande, scrivendo, lasciandosi interrogare in silenzio. Ma c’è qualcosa di speciale che accade solo quando si riflette insieme.
Condividere in gruppo significa uscire da se stessi, ascoltare prospettive diverse, sentirsi meno soli nelle proprie domande. È il momento in cui le parole dell’altro diventano specchio, in cui si scopre che, anche se si è partiti da luoghi diversi, si stanno vivendo emozioni simili. È lì che si cresce: nel confronto sincero, nella vulnerabilità accolta, nel sentirsi parte di qualcosa di più grande.
E così, tra pensieri profondi, silenzi pieni e qualche risata leggera, anche questa giornata si è chiusa. Un altro piccolo passo in avanti, dentro e fuori di noi.