0
July 12, 2025

Costruire insieme: la forza del gruppo e la bellezza degli incontri

Fernando Lozada

La giornata di riposo di ieri ci ha permesso di ricaricare le energie, e oggi siamo pronti a ripartire con la seconda parte di questo viaggio. Dei quattro giorni di lavoro che ci restano, quello di oggi è senza dubbio il più impegnativo dal punto di vista fisico. Ogni gruppo sarà infatti chiamato a scaricare tutti i moduli necessari per costruire le case: 8 abitazioni in ciascuna delle baraccopoli in cui stiamo operando. Ogni casa è composta da tre enormi — e pesantissimi — pannelli di pavimento, dieci pareti di varie dimensioni, le travi che formeranno la struttura del tetto, e infine le lamiere. E tutto questo, moltiplicato per otto.

A questo si aggiunge il trasporto manuale di ogni pezzo fino al punto preciso in cui la casa verrà costruita. Anche se abbiamo suddiviso i ragazzi in otto gruppi da 7, 8 o 9 persone ciascuno, ognuno responsabile della propria casa, quando si tratta di trasportare i materiali lavoriamo come un’unica squadra. Nessuno deve rimanere indietro, nemmeno chi è stato assegnato a una famiglia che vive troppo lontano o in salita.

Con il gruppo A costruiamo a Nuevo Santa Maria. Dopo aver superato la città di Cañete, ci addentriamo in un paesaggio completamente diverso: distese verdi, immense piantagioni di asparagi e avocado che si estendono a perdita d’occhio. I ragazzi, sorpresi, esclamano “Che bello!”, e in effetti il panorama è davvero particolare e suggestivo — anche se, a differenza di ieri, il sole oggi è rimasto nascosto. Forse è meglio così: scaricare un camion sotto il sole cocente, come ci è capitato l’anno scorso, sarebbe stato ancora più faticoso. Superata questa oasi di verde, ci lasciamo alle spalle i campi e arriviamo a un piccolo cimitero, semplice e spoglio quanto la zona che lo circonda. Da lì, dopo circa due chilometri di strada dissestata, iniziamo a intravedere le prime casette.

Nuevo Santa Maria è una lunga strada polverosa, con abitazioni ai lati che si susseguono fino a raggiungere una sorta di spiazzo, dove due vecchie porte da calcio segnano quello che qui è considerato un parco. Da quel punto la strada si divide in due diramazioni, che si snodano per altri 500 metri circa. Qui non c’è niente. Non c’è acqua corrente, nessuna casa ha un bagno, e le famiglie che non hanno ancora ricevuto una nostra costruzione vivono in capanne di paglia, a diretto contatto con la terra.

Quando arriviamo, le famiglie ci aspettano. Con le pochissime risorse che hanno, ci accolgono con calore e allegria. Agitano dei palloncini al grido di “¡Bienvenidos!”, e riescono a farci sentire subito parte di qualcosa di più grande. Con noi ci sono Jorge, Felícitas, Olga, Fernando, Romaldina, Zunilda, Margarita ed Edgar. Disponiamo i ragazzi in gruppi, li presentiamo uno a uno, così come presentiamo le famiglie beneficiarie. Faccio l’appello: tutte le famiglie sono presenti. I ragazzi, emozionati, cercano in ogni modo di essere scelti, ma alla fine sono le famiglie a fare la loro scelta — probabilmente guidate più dalla simpatia che da altri criteri. Ci si abbraccia, ci si sorride, e poi ognuno prende la sua strada: le famiglie vanno a cucinare, mentre i nostri ragazzi si mettono subito all’opera.

Lo scarico del camion è un vero record. In appena un’ora e mezza, tutto il materiale è a terra. I ragazzi lavorano con energia, organizzati e coordinati, aiutati anche dalla guida dei volontari dello staff. L’ambiente è carico di entusiasmo: è davvero bello vederli così. L’obiettivo della mattinata è portare ogni singolo pezzo delle case — pannelli, pareti, travi, lamiere — nei rispettivi terreni. Ed è qui che inizia il vero gioco di squadra. Alcuni lotti si trovano a pochi metri dal punto di scarico, altri richiedono una camminata di dieci minuti. Entro l’ora di pranzo, la distribuzione è quasi completata, ma i ragazzi sono esausti.

Pranziamo alle 13:30 e ci concediamo una lunga pausa, fino alle 14:30. Poi si riparte con l’ultimo sforzo: i pezzi più pesanti e più lontani. Si lavora ancora per un paio d’ore, finché verso le 16:30, finalmente, tutto è a posto. Torniamo a casa stanchi ma soddisfatti. Questa sera, per il gruppo A, il programma prevede una conferenza e un momento di riflessione personale sul tema dell’amore.

Nel frattempo, il gruppo B è arrivato a La Florida, dove appena una settimana fa abbiamo concluso la costruzione di 10 case insieme al primo gruppo di Wecare qui in Perù. La Florida è molto più piccola rispetto a Nuevo Santa Maria, ma si sviluppa su una piccola montagna. All’arrivo, non è ancora chiaro dove si potrà effettuare lo scarico: durante la notte ha piovuto, e la terra bagnata impedisce al camion di risalire una parte della salita. Tradotto: i ragazzi dovranno fare ancora più fatica! Mentre si cerca una soluzione, le famiglie accolgono il gruppo con grande generosità: offrono casse di avocado, banane e granadilla. Una vera e propria seconda colazione, abbondante e inaspettata. Dopo aver consumato quasi metà delle provviste della giornata, arriva la decisione definitiva: il camion non riesce a salire.

La prima parte del lavoro consisterà quindi nello scaricare ogni pezzo e trasportarlo fino a una spianata a metà della montagna. Da lì in poi si diramano i vari lotti dove sorgeranno le casette. I ragazzi dovranno percorrere circa 200 metri dal camion fino alla spianata, con un dislivello minimo (forse 5 metri), ma comunque tutto in salita. Questa prima fase dello scarico si conclude verso le 13:30, giusto in tempo per mangiare. Subito dopo si procede con la scelta delle famiglie. Anche qui i ragazzi sono stremati, quindi si decide di fare tutto con calma, una cosa alla volta. La pausa pranzo, però, è più breve rispetto all’altro gruppo, perché siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. Così, alle 14:15, si riparte… nonostante le più che comprensibili lamentele dei ragazzi.

È il momento più bello della giornata: presentiamo i ragazzi alle famiglie e le famiglie ai ragazzi. Con noi ci sono Andrew, Ericka, Marithsa, Miguel Ángel, Mariano, Deivy, Carmen e Dilia. Manca però una famiglia: il padrone di casa è a lavoro e arriverà fra una ventina di minuti. Rimangono dunque due squadre di ragazzi e un’unica famiglia, e la piccola della casa scoppia a piangere: nella sua innocenza, teme che scegliere un gruppo significhi “abbandonare” l’altro. La sua preoccupazione ci commuove: lei sa già di avere una casa, ma non vuole lasciare soli gli altri ragazzi. Spieghiamo che nessuno resterà senza famiglia—l’ultimo nucleo sta arrivando—e la bambina si tranquillizza, sorridendo di nuovo. Con le ultime assegnazioni, i gruppi partono per trasportare i materiali verso i vari lotti: alcuni a 500 metri di distanza, con un dislivello di 40 metri, una vera sfida sia per i tempi che per la fatica. Il gruppo B rientrerà verso le 17:30, esausto ma soddisfatto.

Per stasera, il programma prevede la partecipazione alla messa domenicale e, a seguire, piccoli gruppi di riflessione sul significato di “casa”. Domani vi racconteremo le loro emozioni, la conferenza sull’amore e come queste esperienze hanno toccato ognuno di noi. Terminate le dinamiche di ogni casa, i ragazzi cenano. Il gruppo A alloggia in una struttura più raccolta, che ricorda a tutti gli effetti una casa di ritiro: semplice, essenziale, tutto molto “alla mano”. Il gruppo B, invece, dorme in una sorta di albergo di campagna dispersivo… ma bellissimo. Ogni sistemazione ha i suoi pro e contro: quello che è certo è che chi dorme nella struttura A potrà andare a letto “prestissimo” — intorno alle 23:30. Per quelli del gruppo B, invece, ogni sera mettere tutti a dormire sarà una piccola impresa… da ripetere ogni notte.