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Dalla fatica alla gioia: l'inaugurazione del campo sportivo a Pamplona
Oggi iniziamo la giornata con una sorpresa: la sveglia non è alle 6:30 come di consueto, ma alle 7:30. Vogliamo che i ragazzi si riposino, soprattutto dopo questi due giorni di lavoro al freddo e per più ore del solito. Dopo la preghiera e la colazione, ci incontriamo in auditorium per la quarta riflessione personale, in collegamento con quella sull'essere amati.
Ricordiamo ai ragazzi che, spesso, il desiderio di essere amati viene infranto o bloccato da esperienze negative nella nostra vita. Queste esperienze ci portano, a volte, a credere di non essere amabili, di avere qualcosa di così sbagliato in noi e che nessuno ci potrà mai amare. Questo non solo mina il desiderio di essere amati, rendendo difficile credere che sia possibile, ma porta anche alla paura di rimanere soli.
Così i ragazzi iniziano la riflessione con i testi che mettiamo a loro disposizione, ricordando che niente di quanto accaduto nella vita, niente di quanto viene dall'esterno, può davvero mettere in discussione il nostro essere profondamente amabili. In realtà, siamo amati per quello che siamo e non per le cose che ci sono accadute.
Dopo la riflessione, i ragazzi si preparano lentamente per partire. Arrivati a Pamplona, la situazione non è molto diversa dai giorni precedenti: c'è una leggera pioggerellina e il grigio dell'umidità, ma c'è un'atmosfera festosa. Palloncini colorati ovunque e il doppio, il triplo, il quadruplo dei vicini che ci hanno aiutato in questi giorni sono venuti per assistere all'inaugurazione. Ci sono anche le signore che hanno lavorato al cemento per ultimare gli ultimi quadranti e tante persone con le scope in mano per pulire il campo dall’acqua e dal fango; a tutti questi lavori si aggiungono i nostri ragazzi.

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Verso le 12:30 - 12:45, tutto è pronto per l'inaugurazione. Le porte con le reti, una grande rete che circonda quasi interamente il campo, e anche la rete per giocare a pallavolo.


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Prima di iniziare, mandiamo i ragazzi a mangiare visto che il cibo è pronto e mancano alcuni vicini e molti bambini devono arrivare dalla scuola. Finito di mangiare l'ultimo piatto della baraccopoli di Pamplona, ci incontriamo tutti in cerchio insieme ai vicini nel nostro campo da calcio. I ragazzi sono visibilmente commossi, emozionati perché finalmente vedono tutto il valore dei loro sforzi e della loro fatica di tutti questi giorni. Una fatica che all'inizio sembrava impossibile o irrazionale, perché c'era un mucchio di terra lì dove oggi sorge un campo da calcio, che tra l'altro è uno dei più grandi che abbiamo realizzato in tutti questi anni.
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Ci riuniamo in cerchio per iniziare l'inaugurazione del campo. Ci sono le parole di ringraziamento da parte dei beneficiari e anche da parte nostra, espresse da Filippo. Per noi, non è solo un atto di generosità venire fin qui a costruire, ma anche un dovere e qualcosa per cui essere profondamente grati: avere la possibilità di donare il proprio tempo per fare questo a beneficio di tante persone.
In particolare, commuove la testimonianza di una bambina che legge un testo preparato per i ragazzi, evidenziando quanto sia importante e bello per loro avere questo campo. Il campo beneficerà 102 famiglie e altrettanti bambini, il doppio, il triplo, in alcuni casi il quadruplo di quelli attuali, che altrimenti avrebbero giocato in un terreno polveroso tra la spazzatura. Oggi potranno invece giocare in un immenso campo da calcio, divertirsi, passare il tempo con i loro amici, dopo aver fatto i compiti. Insomma, uno spazio di salvezza anche per loro.

Le testimonianze dei ragazzi parlano forte: sono orgogliosi, fieri, emozionati nel vedere come tutti i loro sforzi si siano trasformati in questo enorme campetto di calcio. Sono sorpresi anche dall'impatto tra quello che c'era all'inizio, quando siamo arrivati timidamente in questo posto così diverso e lontano dai nostri standard di vita, e ora. Si è trasformato dalla presenza di questo campo sportivo, dalla nostra presenza materiale, ma soprattutto è stato trasformato dall'incontro, dalle gioie, dai sorrisi, dagli abbracci tra i nostri ragazzi e tutti i beneficiari che sono stati qui fin dal primo giorno.

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Si ricorda come le signore ci abbiano cucinato ogni giorno, preparato il pane per noi, tutti i pasti, le bevande con tanto amore. Si ricorda anche il lavoro degli operai e dei tanti vicini che si sono avvicinati per lavorare. Le signore che hanno pulito il campo per l'inaugurazione: è stata una partecipazione di tutta la comunità che dà un messaggio chiaro e forte ai ragazzi su come prendersi cura di ciò che è loro.
L'inaugurazione prosegue con il torneo peruviani-italiani, in una grande festa con tante partite in programma. Da parte nostra c'è la chiara preoccupazione che qualcuno si faccia male, ma come ogni anno, siamo con gli occhi al cielo, sperando che tutti siano protetti e che nessuno si faccia male. L'umidità del campo quest'anno rende tutto più pericoloso, ma ci ritiriamo con un grande sorriso stampato sul volto dei ragazzi e con la serenità di chi non ha subito danni.


Arrivati a casa e dopo una brevissima pausa, visto che il pomeriggio è durato tanto, ci incontriamo in auditorium per fare i gruppi di riflessione.
Nei gruppi di riflessione affrontiamo un argomento molto delicato: quello dell'essere amati. Come abbiamo ripetuto più volte in questi ultimi due giorni, molte volte facciamo fatica ad accettare di poter essere amati. Gli episodi della nostra vita che ci hanno ferito ci fanno credere fino in fondo che non siamo amabili, che rimarremo soli. Questa paura latente, soprattutto negli adolescenti, spezza il cuore.
Anche se ognuno di noi segue un solo gruppo, parliamo al plurale perché spesso ci sono delle ferite negli adolescenti. Loro soffrono molto di più perché spesso vedono la vita da quella prospettiva, come se il dolore diventasse il megafono della loro esistenza, coprendo tutto e trasformandosi talvolta in una forza negativa.
Spezza il cuore vedere alcuni di loro così feriti da esperienze di un amore tradito, di abusi, e dall'assenza di adulti o di una rete di amici accanto che li potesse sostenere o con cui potessero confidarsi. A volte, non è solo l'assenza di persone intorno, ma anche la paura che si autoalimenta dal pensiero dei poteri che hanno gli altri su di loro. I ragazzi, gli adolescenti, soffrono tanto, anche se magari da adulti potremmo considerare certe situazioni delle banalità. Ma in fondo bisogna imparare ad ascoltarli, perché sono cose che per loro sono molto importanti, e non dobbiamo mai sottovalutare il loro dolore, anche quando sembra derivare da qualcosa di insignificante. Bisogna imparare a metterci nei loro panni, a vedere la vita dalla loro prospettiva, che è spesso quella del dolore.
Dopo i vari gruppi di riflessione, ci incontriamo nel refettorio per mangiare e poi festeggiamo il compleanno di Ines con le torte. Oggi Ines compie 16 anni. Dopo la festa, i ragazzi vanno a preparare le loro valigie e a dormire - si spera - perché domani si parte per Cañete.
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