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June 23, 2025

I ragazzi sono fatti per cose grandi

Fernando Lozada

Siamo tornati al solito orario delle 7, e la fatica si fa sentire: se prima bastavano 15 minuti per essere pronti, ora ce ne vogliono almeno 30. Va detto che le stanze sono decisamente più affollate: i ragazzi sono divisi in tre grandi dormitori, ciascuno con 10 o 11 persone, mentre le ragazze hanno a disposizione sette stanze, alcune da 4 e altre da 8. Qui a Cañete fa meno freddo rispetto a Lima, e a tratti sembra quasi voler uscire il sole… ma è solo un’illusione. Il sole, in realtà, non si è mai visto, anche se il clima è stato comunque mite.. a momenti faceva persino caldo.

Partiamo in otto pullmini, ciascuno con una decina di ragazzi a bordo, e iniziamo il nostro viaggio verso La Florida, l’“invasione” dove con questo gruppo costruiremo dieci case. Dopo circa 40 minuti di strada, al nostro arrivo ci accoglie una notizia tutt’altro che incoraggiante: la pioggia della sera prima ha reso impraticabile la salita per il camion, che non riesce a raggiungere il punto previsto per lo scarico del materiale.

Così, dalle 10 alle 14, mettiamo in campo tutte le nostre energie per scaricare manualmente i 140 pannelli di muro — 14 per ciascuna casa — e trasportarli fino al punto di smistamento. In pratica, significa portare ogni pezzo a spalla per circa 300 metri, i primi 100 dei quali in salita, fino al posto in cui le signore del posto ci hanno allestito una “sala da pranzo” all’aria aperta. Essendo domenica, abbiamo la fortuna di poter contare sull’aiuto delle famiglie del quartiere: sia quelle che riceveranno la casa con questo gruppo, sia quelle che sono in attesa e la riceveranno con il prossimo.

Siamo in tanti: 81 ragazzi tra i 14 e i 15 anni, con qualche sedicenne. Ogni singolo pannello di muro viene sollevato e trasportato da 8 o 10 di loro — quando si tratta delle pareti laterali — e addirittura da 16 quando bisogna spostare i pavimenti. I peruviani del posto, invece, ci lasciano tutti a bocca aperta: riescono a trasportare le pareti laterali in soli tre, e i pavimenti in quattro. Una dimostrazione impressionante di forza e agilità. Sono proprio forti.

Alle 14 ci fermiamo per la pausa pranzo. Un po’ rimpiangiamo i pasti di Pamplona: qui la cucina è improvvisata e le signore del posto fanno del loro meglio. Di certo ci mettono tanto amore e dedizione, ma la sazón di Patty… è tutta un’altra storia. Concediamo ai ragazzi un’ora per recuperare: mangiare qualcosa e fare un piccolo riposino. Si rivela una scelta fondamentale, perché dalle 15 alle 17 lavorano con grande impegno, energia e a un ritmo sorprendente — senza mai una lamentela. Dal punto di smistamento iniziamo a trasportare i vari pezzi delle case fino ai terreni dove verranno costruite.

Uno a uno, i dieci gruppi di ragazzi vengono scelti dalle famiglie beneficiarie: famiglie molto timide, un po’ travolte dall’entusiasmo incontenibile di 81 adolescenti che urlano e si sbracciano per farsi notare. Considerando che nessuno di loro supera i 150 cm di altezza, si capisce bene quanto si sentano “piccolini” di fronte a tutto questo.

Dopo la scelta, ogni famiglia accompagna il proprio gruppo a vedere dove sorgerà la casa. C’è chi esulta perché il terreno è proprio accanto al punto di smistamento, e chi si dispera — con toni degni di una tragedia greca — perché dovrà affrontare ben 200 metri in salita per raggiungere il proprio cantiere (i ragazzi, si sa, a volte tendono un po’ all’esagerazione!). Pezzo dopo pezzo, entriamo nella fase finale del lavoro di oggi. Ogni terreno deve essere riempito con le 14 pareti e i pannelli del pavimento che, nei prossimi giorni, daranno forma a una nuova casa. Per i nostri ragazzi sono semplicemente assi di legno. Per le famiglie della Florida, invece, rappresentano un rifugio sicuro, una protezione dal freddo e dalla polvere, la possibilità concreta di un nuovo inizio. Ricordiamo ai ragazzi che ogni pezzo va trattato come se fosse la cosa più preziosa che abbiano mai tenuto tra le mani. Perché è esattamente così che lo vedono le famiglie che li stanno aspettando.

Rientriamo a casa alle 17:30, stanchi — forse è stata la giornata più faticosa da quando siamo qui — ma con il cuore pieno. L’ho già scritto, ma lo ripeto: mi aspettavo molte più lamentele, e invece sono stati straordinari. Proprio nella giornata più dura hanno tirato fuori il meglio di sé, con lo spirito giusto, aiutandosi a vicenda e portando a termine un grande risultato, tutti insieme. Ed è una conferma: i ragazzi sono fatti per le cose grandi. Se diamo loro solo compiti piccoli, semplici, privi di sfida, si annoiano, non crescono, non scoprono di cosa sono davvero capaci. Ma se li mettiamo alla prova — accompagnandoli, certo, ma senza sostituirci a loro — possono davvero sorprenderci.

Tra una cosa e l’altra, arriviamo a casa verso le 19. Giusto il tempo di lavarsi e partecipiamo insieme alla messa domenicale. Ceniamo un po’ più tardi del previsto, e poi li mandiamo subito a dormire: abbiamo bisogno che siano ben riposati per affrontare al meglio le prossime tre intense giornate di lavoro!