
Il dolore ha la capacità di spogliarci di tutte le domande inutili e di condurci all'essenziale
La giornata di oggi si sta candidando come la più brutta dal punto di vista meteorologico della nostra missione: fa più freddo del solito, è più grigia del solito, e già alla casa di retiro dove dormiamo si avverte questa atmosfera. C'è quella classica pioggia non pioggia di Lima, caratterizzata da micro gocce che cadono continuamente ma che non riescono a creare pozzanghere per terra, anche se bagnano tutto. Questo rende ancora più faticosa la sveglia, e i ragazzi, anche se vengono mandati puntualmente a dormire alle 11 di sera, spesso restano svegli fino all'una. Quando devono alzarsi alle 6:30, la stanchezza si fa sentire ancora di più.
%20(1).jpeg)

.jpeg)
.jpeg)
Oggi, dopo la preghiera del mattino, facciamo rimanere i ragazzi mentre le ragazze vanno a fare colazione. Il motivo è che, col passare del tempo, i ragazzi guadagnano più confidenza tra di loro e iniziano i primi scherzi. Alcuni di questi scherzi sono memorabili e sono passati alla storia per la loro simpatia ma, fortunatamente, non hanno provocato particolare risentimento da parte delle "vittime". Tuttavia, bisogna sempre stare attenti. Quindi, abbiamo chiesto ai ragazzi di rispettare soprattutto due cose: una, che abbiamo ripetuto più volte, riguarda il comportamento verso possibili episodi di bullismo, dove si prendono di mira i più fragili o quelli più buoni, una cosa che noi, come organizzazione, disapproviamo profondamente; l'altra è che nessuno può sentirsi libero di entrare nelle stanze degli altri, soprattutto quando non ci sono, e frugare tra le loro cose.
Questo perché sembra che ieri sera un ragazzo si sia ritrovato senza tutte le merendine che aveva portato con sé, preoccupato di morire di fame qui in Perù. Si era portato un'intera valigia di merendine, ma ha scoperto che la sua scorta era stata dimezzata. Non abbiamo voluto fare una “caccia alle streghe”, essendo il primo episodio del viaggio, ma abbiamo chiarito che questo comportamento non può ripetersi.
Dopo colazione, ci incontriamo tutti in auditorium, ognuno con il proprio libretto, per il momento della terza riflessione personale. In seguito alla chiacchierata sulla sofferenza e sul male, ci soffermiamo su questo tema, esplorando l'esperienza del disagio provocato dal dolore, dal male o da qualsiasi sofferenza. L'esercizio consiste nel dare un nome a ciò che può generare un'attitudine negativa nella nostra vita e nel cercare di capire come ognuno di noi affronta le proprie difficoltà. Riflettiamo sull'atteggiamento di fronte allo sconforto, alla disperazione, alla speranza, allo sforzo, alla fortezza e alla perseveranza, per creare una mappa personale dei punti di forza e di bellezza nell'affrontare o nel vivere una determinata sofferenza.
Oggi ripetiamo più volte il concetto alla base dell'arte del Kintsugi, un'arte giapponese che consiste nel riparare i vasi di ceramica unendoli con dell'oro, evidenziando le crepe e dando loro valore. Questa filosofia ci insegna due cose: la prima è che ognuno di noi è “rotto” in modo unico, con una storia personale di sofferenza e ferite; la seconda è che una fragilità o un momento di dolore può diventare qualcosa di prezioso, una forza che ci trasforma, ci fa crescere, maturare, e ci rende più sensibili e aperti alle difficoltà degli altri.
I ragazzi dedicano tra 20 e 40 minuti a questo esercizio, che consiste in vari testi seguiti da quattro domande. Poi ci prepariamo per partire. Dopo gli ultimi giorni di ritardi, oggi tutti sono puntualissimi per l'autobus, come avevamo chiesto.
Avevamo detto all'inizio che questa giornata si presentava come la candidata per essere la più brutta dal punto di vista meteorologico da quando siamo qui in Perù. Man mano che ci avviciniamo alla montagna di Pamplona e iniziamo a salire, diventa evidente che la nostra previsione era corretta. La pioviggine si intensifica, c'è una nebbia così fitta che si vede a malapena oltre i 10-15 metri, e il freddo è pungente.







Nonostante le condizioni, i nostri ragazzi, che devono svolgere un'attività fisica importante, sono per la maggior parte in maglietta. Nonostante abbiamo ripetuto più volte di coprirsi, partono tra noi scommesse su quanti di loro domani dovranno rimanere a riposarsi perché hanno preso un raffreddore o sono stati esposti al freddo. Speriamo siano pochi.
Così passa la mattinata lavorando: i quadranti che compongono il nostro futuro campo di calcio sono sempre più solidi e completi. Anche le due mura che sostengono tutta la struttura continuano a prendere forma grazie ai ragazzi che portano pietre su pietre e cemento su cemento. Il lavoro prosegue con molta gioia e allegria, nonostante il tempo.

.jpeg)

.jpeg)

.jpeg)

Verso le 13:00 ci riuniamo nel “comedor”, dove le signore che ci cucinano ci preparano un tipico piatto peruviano. A differenza degli altri giorni, oggi il pollo non c'è. Ci aspetta, infatti, un piatto chiamato “lomo saltado”, che consiste in carne tagliata a pezzettini, simili a dita, patate fritte, cipolla, pomodori, peperoncino giallo e un po' di salsa di soia, tutto fritto insieme. Ci sono anche altri ingredienti che probabilmente sto dimenticando, ma il risultato è delizioso. Questo piatto è accompagnato dal riso, e va detto che i ragazzi non fanno molta distinzione tra ciò che è buono o cattivo: trovano tutto molto buono, soprattutto quando è abbondante.
Dopo una mattinata di 4-5 ore passate a spalare, fare cemento e portare pietre da un lato all'altro, l'abbondanza del cibo è la cosa che i nostri ragazzi cercano di più. Mangiano con grande appetito e le signore della baraccopoli, che cucinano per noi, sono felicissime di vederli così soddisfatti.
Verso le 14:00 partiamo verso i nostri soliti centri di accoglienza, case per anziani o luoghi per uomini soli. Oggi, però, dobbiamo comunicare a uno di questi centri che non potremo andare perché, facendo il punto della situazione, ci rendiamo conto che siamo un po' indietro con i nostri lavori al campo sportivo e domani dobbiamo finire buona parte di quanto stiamo facendo.



.jpeg)
.jpeg)

.jpeg)
.jpeg)
Così, decidiamo di far rimanere una squadra “delta” di ragazzi nel pomeriggio per continuare a spalare per altre tre ore. È bello raccontare che alcuni dei ragazzi non scelti per rimanere a spalare hanno chiesto di poter scambiare il loro turno con altri compagni di viaggio che preferivano andare all'orfanotrofio. Senza nulla togliere a chi preferiva andare all'orfanotrofio, è stato molto bello vedere questo spirito di sacrificio.






Considerando il freddo, la pioviggine, il grigiore, la nebbia e tutta la fatica accumulata durante la mattina, voler rimanere a spalare per altre tre ore non è stata sicuramente una scelta di piacere o benessere, ma di impegno e consapevolezza dell'importanza dell'opera che stanno realizzando. Questo atteggiamento dimostra quanto i nostri ragazzi, e vostri figli, siano dediti e appassionati al progetto che stanno portando avanti con tanto sacrificio e amore.
Dopo aver trascorso buona parte della giornata insieme, ci rincontriamo con tutti i gruppi alla nostra casa, San Augustin. Verso le 19:00 ci raduniamo tutti in auditorium, dove comunichiamo i gruppi di riflessione. Questi gruppi erano già stati formati due giorni fa attraverso una dinamica molto divertente e particolare: piazziamo i gruppi in diverse parti dell'auditorium, permettendo a chiunque desideri cambiare gruppo di farlo liberamente, senza offendere gli altri. Questo metodo consente ai partecipanti di unirsi a persone con cui hanno stretto amicizia o con cui si sentono più a loro agio.
I gruppi sono già definiti, ma ciò che cambia sono i membri dello staff che seguiranno e animeranno le conversazioni. Ci distribuiamo quindi in otto gruppi nei vari spazi dell'istituzione che oggi ci accoglie, creando un ambiente di dialogo, chiacchiera e condivisione.
In questo spazio di riflessione, ognuno è libero di esprimersi su ciò che lo fa soffrire, senza giudizi positivi o negativi. Alcuni ragazzi si aprono, altri preferiscono ascoltare, e altri ancora condividono ferite profonde che hanno segnato la loro vita. È curioso come molte delle nostre esperienze e relazioni, sia con gli altri che con noi stessi, siano influenzate da episodi della nostra infanzia e adolescenza, periodi in cui abbiamo meno strumenti per affrontare le difficoltà.
Le situazioni difficili e i dolori che si affrontano da adulti possono essere più o meno frequenti, ma con il tempo si spera di aver acquisito strumenti utili per gestire questi momenti difficili. Durante l'adolescenza, però, è molto più complicato chiedere aiuto e fidarsi degli altri, e ci si sente spesso in una solitudine del tutto particolare.
Questi momenti di riflessione offrono uno spazio privilegiato per aprirsi, raccontarsi e sentirsi ascoltati. È una cosa molto bella e non scontata sentirsi accompagnati, rendendosi conto che molte delle loro preoccupazioni sono condivise da altri, creando un senso di comunità e supporto.
Dopo un'ora e mezza di chiacchiere in gruppo, verso le 20:30 ci incontriamo nel refettorio per cenare, concludendo così una giornata intensa e significativa.