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La bellezza di faticare per gli altri
La giornata è cominciata con una colazione abbondante, come ogni mattina. I ragazzi ormai ci arrivano affamati, ma anche un po’ più consapevoli del privilegio di svegliarsi ogni giorno con davanti una tavola imbandita. Ogni giorno c’è una scelta dolce e una salata, e tanta frutta fresca: mango, ananas, e gli immancabili avocado, che ormai mettono tutti d’accordo. Anche chi di solito a casa li ignora, qui ne è diventato dipendente.
Poi, come ogni mattina, i gruppi si formano con naturalezza e la giornata prende ritmo. Al cantiere si lavora con sempre più sicurezza. I ragazzi, che appena qualche giorno fa tenevano in mano la cazzuola con esitazione, ora muovono gesti precisi, ritmati, quasi familiari. Guardano le mura che si alzano con orgoglio, e se lo ripetono: "L’abbiamo fatto noi".
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Gli operai locali ci osservano con una certa sorpresa. Lo dicono apertamente, tra una risata e un gesto di incoraggiamento: quando si sono sentiti dire che sarebbe arrivato un gruppo di volontari italiani a dar loro una mano, non si aspettavano molto. È comprensibile. Non è facile credere che dei ragazzi, mai visti prima, possano contribuire davvero a un lavoro così concreto.
Eppure, giorno dopo giorno, i nostri ragazzi stanno conquistando la loro fiducia. Gli operai continuano a insegnare, certo – da soli farebbero prima, questo è evidente – ma qualcosa ci dice che, in fondo, la compagnia non gli dispiace affatto. Tra una battuta e una pausa per bere, nasce un’intesa silenziosa, fatta di rispetto e collaborazione. E se servirà un giorno in più per finire, poco importa.
Intanto, chi si occupa dell’intrattenimento dei bambini è ormai diventato un professionista dell’allegria. Con poche risorse e tanta fantasia, hanno rispolverato giochi della nostra infanzia che sembrano nuovi anche per noi: il gioco della campana, giro giro tondo, un due tre stella. I bambini li ripetono senza sosta, e già immaginiamo che, nei prossimi mesi, continueranno a tramandarli tra loro. Un piccolo pezzo d’Italia che resterà qui, nei cortili polverosi e nelle risate di chi corre.
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Anche il gruppo pittura oggi ha dato il meglio di sé. Dopo giorni dedicati alla base, oggi i muri delle aule hanno cominciato a parlare. Una foresta di alberi colorati ha preso forma su una parete, su un’altra sono apparsi animali e i loro nomi in inglese. Una terza, ancora, è diventata una galleria di vestiti, numeri, lettere. È come se le pareti della scuola si fossero trasformate in grandi libri aperti, da sfogliare ogni giorno con gli occhi.
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Verso le 17, come sempre, la stanchezza comincia a farsi vedere. Gli occhi si abbassano, i movimenti si fanno più lenti, le voci si abbassano. Ma nessuno si ferma. Perché sanno che stanno facendo qualcosa che ha senso, e lo vedono riflesso nei volti dei bambini che li guardano. Poi, come ogni sera, si pulisce, si mette tutto in ordine, si risale sul pullman e si torna in albergo. C’è solo un pensiero: la doccia. Meritata. Desiderata.
Ma oggi, al rientro, li aspettava una sorpresa.
Un gruppo di giovani ballerini locali – ragazzi che conosciamo ormai da qualche anno – è venuto a trovarci per regalare una performance che ha lasciato tutti a bocca aperta. Quando la musica ha cominciato a battere, tutto si è acceso. I loro corpi si muovevano con potenza e grazia, raccontando storie attraverso ogni passo, ogni salto, ogni battito di mani.
I nostri ragazzi li guardavano incantati, tra risate e applausi. Ma la cosa più bella è stata vedere come, dopo pochi minuti, i ruoli si siano sciolti: il pubblico è diventato parte dello spettacolo. Prima qualche battito di mani, poi un’imitazione timida, infine tutti coinvolti in una danza collettiva, confusa e bellissima.
Non so dire chi si sia divertito di più, se i nostri ragazzi o i ballerini. Forse entrambi. Forse è proprio questo lo scambio più autentico: dare, ricevere, mescolarsi. E tornare a casa con un’energia nuova, che né il cemento né la pittura sanno spiegare.