
La forza dell'ascolto
Anche la domenica, durante le missioni, si lavora senza alcuno sconto. Ci svegliamo alle 7:00, anzi, poco prima, e saltiamo la preghiera del mattino per fare subito colazione. Finita la colazione, intorno alle 7:45, i ragazzi si preparano per partire. Alcuni, che hanno fatto colazione in pigiama, si vestono con i pantaloni sporchi del giorno precedente, ma in missione il concetto di pulito e sporco si adatta ai giorni che rimangono. Alcuni indossano le scarpe forse ancora bagnate dal cemento, dentro e fuori, e ci prepariamo a partire.
Purtroppo, uno dei pullman è in ritardo. Oggi in Perù è la Festa del Papà, e probabilmente a causa dei festeggiamenti del giorno precedente, alcuni autisti hanno difficoltà a essere puntuali. Purtroppo, nella cultura peruviana la puntualità non è molto rispettata.
Il motivo per cui partiamo subito senza un momento di riflessione è che, essendo domenica, partecipiamo alla messa vicino a dove stiamo costruendo il campo da calcio. La messa è in spagnolo, e riceviamo una calorosa accoglienza dal sacerdote, stupefatto nel vedere tanti giovani italiani e una decina di nordamericani dell’associazione con la quale collaboriamo. Alcune delle nostre ragazze aiutano nei canti. La messa finisce verso le 10:00, e, trovandoci già a pochi passi dal campo in costruzione, ci mettiamo altri dieci minuti per arrivarci e iniziare a lavorare.
Anche se è una mattinata più corta delle altre, i ragazzi si impegnano al massimo. Non c’è il sole, il che facilita molto il lavoro. Come sempre, i vari gruppi lavorano nei loro mini-cantieri all’interno del grande cantiere del campo da calcio. Oggi abbiamo completato otto quadranti su venti, quindi siamo a buon punto. Nel frattempo, alcuni membri del gruppo intrattengono i bambini della zona, che essendo domenica sono più numerosi del solito.



Verso l’ora di pranzo, alle 13:15, ci dirigiamo tutti nel refettorio per mangiare. Le signore del posto, che ogni giorno sono tra le cinque e sei persone guidate da Lis, che da anni ci accompagna nella cucina, hanno preparato per noi un tipico piatto peruviano. Si chiama "ají de gallina" ed è a base di ají amarillo, un peperoncino giallo tipico peruviano, molto piccante. Tuttavia, per l’occasione, è stato reso un po' meno piccante del solito. L’ají de gallina è composto anche dal pollo, che è molto frequente nella dieta peruviana, il tutto accompagnato dal solito riso e patate cotte in una salsa fatta con l'ají amarillo e altri ingredienti top secret. I ragazzi, o almeno la stragrande maggioranza di loro, gradiscono molto il piatto. Soprattutto i maschietti, che sono di solito i più affamati, lo divorano piatto dopo piatto.






Il pomeriggio lo passiamo nel solito modo: ci dividiamo in quattro gruppi, uno per ogni pullman, e andiamo nei diversi centri per portare il nostro sostegno. Offriamo sia supporto fisico, come la ricostruzione o costruzione di qualcosa, sia momenti ludici per accompagnare bambini o anziani. Chi è più portato con lo spagnolo può anche portare conforto tramite la parola o, più semplicemente, il sottovalutato ascolto, che è una delle ricchezze più rare nei nostri tempi.
I momenti del pomeriggio sono particolarmente ricchi, perché non richiedono una fatica fisica (di cui i ragazzi sono già molto provati), ma una fatica interiore. Come raccontavamo ieri, forse è il momento in cui sorgono più domande: sulla propria fortuna, sull'ingratitudine che a volte ci porta a dare per scontate cose fondamentali, non solo materiali, ma anche qualcosa di più prezioso come la salute e tutte le opportunità che i nostri ragazzi hanno.






Verso le cinque o le cinque e mezza, a seconda della distanza dei centri dalla nostra casa, i ragazzi partono con i loro responsabili. Arrivati a casa, hanno circa un'ora, un'ora e un quarto per lavarsi e vestirsi. Ci incontriamo poi verso le 18:30 in auditorium.
Oggi riprendiamo con la riflessione personale, proseguendo il tema della conferenza sulla felicità. Guidati da testi di Leopardi e altri autori della letteratura, nonché da alcuni testi più spirituali, esploriamo il tema della ricerca dell'infinito. Questo infinito è inteso come quella forza interiore che ognuno di noi possiede, che trascende e che suppone una mancanza nel cuore di ogni uomo e di ogni donna.
Ogni uomo e ogni donna possono avere tutto dal punto di vista materiale e, di conseguenza, anche dal punto di vista delle possibilità. Tuttavia, è fondamentale confrontarsi con se stessi e chiedersi: a cosa sono talmente legato in modo negativo da non riuscire a staccarmene? Solo liberandosi da questi legami è possibile essere più liberi, sereni e, quindi, più felici.
Così, ai testi seguono delle domande per approfondire personalmente ciò che viene esposto. Diamo ai ragazzi circa 45 minuti per rispondere e riflettere in profondità su queste domande, sperando che ognuno lo faccia con la massima serietà. Finito questo tempo di riflessione, ci rincontriamo in auditorium per dividerci in diversi gruppi di riflessione, i famosi gruppi di cui avevamo parlato nelle presentazioni prima della partenza.
Questi gruppi di riflessione sono piccoli circoli formati da 10 ragazzi e ragazze, creati per approfondire sia il contenuto della conferenza del giorno precedente, sia il lavoro appena svolto. In questo caso, il tema verte sulla felicità, la profondità, le gioie e anche su quei legami e “schiavitù” che ci impediscono di essere liberi. Si discute anche di come sta andando la missione, delle difficoltà incontrate, delle cose che si vorrebbero cambiare, di ciò che è possibile cambiare e di ciò che non lo è, distinguendo tra capricci e veri problemi.
È un bel momento di libertà per i ragazzi, in cui possono raccontarsi, aprirsi, e cercare di essere custodi gli uni degli altri. Possono dare consigli partendo dalla propria esperienza e, soprattutto, sentirsi accolti e ascoltati, che a nostro avviso è una delle sfide più grandi per gli adolescenti di oggi, specialmente nei loro rapporti reciproci.
Così ci dividiamo nei vari gruppi, seguiti dal nostro staff, e trascorriamo un momento di amicizia, un’amicizia diversa, più trasparente, con meno filtri e meno paure di essere giudicati. Si condividono le gioie, ma anche le sofferenze, perché quando si parla di felicità emergono inevitabilmente anche i motivi per cui a volte non siamo felici, tra cui le sofferenze e le difficoltà che ciascuno di noi affronta quotidianamente.
Il bello è che il sentimento comune, nonostante i momenti di condivisione delle tristezze, è la speranza. La speranza nasce dal sentirsi parte di un gruppo più grande che sta cercando la felicità, come condizione condivisa, e dalla consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande. La speranza che si scopre nel non essere così "strani", perché a volte, quando ci si chiude nelle proprie sofferenze o difficoltà, si pensa di essere diversi e di peso per gli altri. Invece, quando ci si apre e ci si confronta su tematiche importanti, si scopre che, per quanto ci distinguano tante cose, quelle poche che ci accomunano sono essenziali.
È fondamentale per i ragazzi capire che non sono soli e che possono percorrere davvero una strada insieme, basata su un’amicizia che si fonda sulla ricerca del bene reciproco. Dopo un’ora, un’ora e mezza di chiacchiere, ci rincontriamo nel refettorio per mangiare. Oggi non ci sono compleanni; il prossimo sarà il 20 giugno, una data attesa con ansia sia per la torta che sicuramente arriverà, ma ancor più perché quel giorno ci sarà l’inaugurazione del campo da calcio che i ragazzi stanno costruendo poco a poco.


