0
August 8, 2024

La generosità di chi non ha nulla

Fernando Lozada

Oggi, come promesso, sveglia prestissimo verso le 6:00. I ragazzi iniziano a svegliarsi, o almeno lo staff fa un grande sforzo per svegliarli, così da poter fare la preghiera del mattino e poi subito dopo la colazione. Nonostante alcuni siano ancora in pigiama dopo aver mangiato, riusciamo ad accelerare i tempi su tutti i fronti e a partire puntuali per la messa delle 8:00.

Il grande vantaggio della messa delle 8:00 è che è molto essenziale, senza canti e con un'omelia ragionevolmente breve, a differenza della messa a Pamplona della scorsa settimana, che coincideva con le prime comunioni ed è stata molto più lunga.

Poco prima delle 9:00, stiamo già ripartendo da Cañete verso Nuevo Santa Maria. Nuevo Santa Maria è quello che in Perù si conosce come "asentamiento humano", un altro modo per indicare una baraccopoli. Tuttavia, il termine "baraccopoli" evoca spesso immagini di caos, sporcizia e sovraffollamento, simili a quelle associate alle "favelas" del Brasile. Gli "asentamientos humanos" in Perù, invece, sono luoghi in cui le persone decidono letteralmente di “piazzarsi” e di stabilirsi senza alcun titolo di proprietà, sperando che con il tempo la legge riconosca i loro diritti sul terreno occupato.

Questi insediamenti si trovano spesso in zone che nessuno desidera, lontane dalle fogne, dalle reti elettriche e dalle infrastrutture di gas, rendendo la vita quotidiana molto difficile non avendo nè luce nè gas.
Nuevo Santa Maria è un "asentamiento humano" che attualmente ospita circa un centinaio di famiglie. Esiste da solo 5-6 anni, ed è quindi relativamente nuovo. Le prime persone che vi si sono stabilite hanno costruito rifugi con legno, paglia, plastica e alcune stecche per delimitare i loro terreni.

Arrivando a Nuevo Santa Maria, colpisce come il paesaggio cambi radicalmente dopo aver attraversato campi di avocado e asparagi, che rappresentano ciò che possiamo chiamare “civiltà”. Superati questi campi, si arriva in una valle, creata dall'incontro di due colline sabbiose e desertiche, dove si trova questo insediamento umano.
Poco prima di arrivare, passiamo accanto a un cimitero. I cimiteri, si sa, nella storia, sono spesso i primi segni indicativi di una civiltà, e questo lo dimostra. Dopo circa 300-400 metri, compaiono le prime case. Colpisce la varietà delle abitazioni: nell'umiltà e nella povertà, vediamo rifugi costituiti da quattro stecche, pochi metri quadri di mura di paglia, e case appena più sofisticate fatte di legno, ma tutte senza pavimenti, a diretto contatto con la terra.
Questo contatto con la terra riflette il contatto con la sporcizia, l'umidità e la polvere. Indica chiaramente che queste non sono abitazioni dignitose e non offrono una vera protezione alle famiglie. Famiglie che purtroppo non possono permettersi di costruire delle vere e proprie fondamenta e di usare il cemento, rendendo difficile migliorare le loro condizioni abitative.

La povertà è molto difficile da descrivere; potrete vederla nelle foto che vi mostreremo gradualmente in questo racconto. Le immagini ritraggono persone che non hanno nulla, nemmeno il necessario per vivere. Molte di queste persone non riescono a ottenere ciò che è essenziale per condurre una vita dignitosa e vivono giorno per giorno.
Si tratta di madri single, persone che lavorano nei campi e famiglie in cui, se c'è la fortuna di avere entrambi i genitori, il padre lavora tutto il giorno fuori casa mentre la madre si occupa dei bambini. Questi bambini a malapena hanno vestiti per coprirsi e raramente riescono a consumare tre pasti completi al giorno; anzi, un pasto completo a metà giornata è già una benedizione.

Le famiglie che ci accolgono sono di tutte le età, dalla settantaquattrenne arrivata in zona una ventina d’anni fa, che non parla una parola di spagnolo ma solo quechua, la lingua delle montagne peruviane, alle giovani coppie di poco più di vent’anni con figli di 2-3 anni, che cercano di sopravvivere in qualche modo.
Colpisce molto la vicinanza di età tra queste giovani madri e le nostre ragazze volontarie, e anche con i membri dello staff.

In una delle case, ci troviamo anche una neonata di quattro mesi. Il padre li ha abbandonati, lasciando la madre a occuparsi da sola della bambina e di un altro figlio di sei anni. La madre ci racconta che, non potendo lavorare, si dedica completamente alla cura della neonata e del bambino, mentre il padre ogni settimana porta qualcosa per il loro sostentamento.

Sono tutte situazioni molto dolorose. Nella povertà, le sofferenze più comuni, come una malattia o una rottura familiare, non risparmiano nessuno. A questo si aggiungono le conseguenze della mancanza di risorse: nutrizione scarsa, poca assistenza in caso di malattia, e scarsa protezione dal freddo e dal caldo. Le malattie e le fragilità umane delle relazioni, quindi, amplificano ulteriormente queste difficoltà.

È commovente vedere i ragazzi abbracciare con tanta naturalezza le famiglie ogni volta che vengono scelti per costruire una casa. Gradualmente, si disperdono lungo i circa 500 metri di strada, ai lati della quale si trovano le diverse abitazioni.
È sorprendente anche vedere con quanta naturalezza i ragazzi giocano con i bambini o iniziano a scaricare i materiali. Ci si chiede cosa stiano pensando dentro di loro, specialmente nella prima mezz’ora dedicata a conoscere come vivono effettivamente le famiglie. I loro volti spesso riflettono spaesamento e incredulità nel vedere le condizioni in cui queste persone vivono.

Nella loro ingenuità, non riescono a credere che esistano situazioni così difficili. Molti di loro, che già pensavano di aver visto il peggio a Pamplona, si rendono conto che questo posto è ancora più drammatico. Questo insediamento rappresenta l'inizio di luoghi come Pamplona: famiglie che arrivano senza nulla e iniziano a costruire un futuro, una speranza, partendo da zero.

I ragazzi lavorano duramente, come formiche, e scaricano il mega camion in pochissime ore. Siamo arrivati alle 9:30 e alle 12:00 avevamo già finito di scaricare tutto il camion con tutti i pavimenti e un camion più piccolo con le altre componenti della casa, mentre aspettavamo l'arrivo di un terzo. Purtroppo, questo terzo camion ha subito un ritardo e ci hanno comunicato verso le tre del pomeriggio che sarebbe arrivato il giorno dopo.
Nonostante questo imprevisto, abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi per distribuire la maggior parte dei pavimenti nei vari terreni e degli altri pezzi delle case prima di andare a pranzo.

A pranzo, ci colpisce profondamente un gesto delle signore del luogo: hanno costruito per i nostri ragazzi una cucina dove preparano con tanto amore i pasti. Inoltre, abbiamo portato con noi una signora che vive nel villaggio Aristide Merloni dove abbiamo costruito già tante case, che ci aiuta nella gestione dei pasti, assicurandosi che tutto proceda senza problemi.


Ci emoziona ancora di più vedere che hanno costruito e allestito un refettorio per noi, con sedie di plastica, alcune panche e tavoli in legno, creando un luogo accogliente dove poter mangiare insieme.

Colpisce ancora di più il contrasto con i luoghi in cui abbiamo costruito a Pamplona, anche con il gruppo precedente. Questi erano posti relativamente “più ricchi”, se così si può dire, eppure lì mangiavamo spesso in piedi o seduti per terra. Qui, invece, queste persone hanno preparato per noi un vero e proprio refettorio, dove tutti possono sedersi. Questo gesto ci ha fatto riflettere: spesso, chi ha meno è capace di dare di più. E forse, riflettendoci, a volte tutto ciò che possediamo finisce per possederci, limitando la nostra libertà.

Verso le 17:00 torniamo a casa dopo una giornata di lavoro intensa e decidiamo di non organizzare attività di formazione questa sera, considerando la stanchezza dei ragazzi con la sveglia presto di questa mattina. Abbiamo invece programmato un incontro per le 19:00 per ricordare ai ragazzi le storie e le situazioni delle famiglie che vivono in tale  povertà, esplorando i diversi strati di questa realtà. Questo ci aiuta a rientrare pienamente nell'esperienza della missione e a comprendere che non siamo qui solo per costruire muri e installare stecche per costruire una bella casa, ma soprattutto siamo qui per condividere il nostro amore e la nostra speranza, e per arricchirci reciprocamente ,riconoscendo quanto queste persone riescano a dare tanto con così poco.