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July 4, 2024

La sofferenza può essere un’occasione per scoprire che non sei solo

Fernando Lozada

La giornata di oggi è iniziata con una piccola variante. Ieri sera i ragazzi dello staff hanno dovuto affrontare alcune difficoltà con alcuni membri del gruppo che faticavano ad andare a letto all’orario giusto. Nulla di troppo drammatico, ma dato che tutti sono stanchi e la maggior parte dei ragazzi vorrebbe riposare, quelli che vogliono fare le ore piccole possono diventare un po' fastidiosi. La "vendetta", se possiamo chiamarla così, è stata una sveglia anticipata di mezz'ora. Ma non è stato tempo perso: grazie allo staff, tutti i ragazzi sono stati mandati in cappella per mezz'ora di silenzio.

Non so bene come i ragazzi abbiano approfittato di questo tempo, ma quello che so è che quando li ho visti, li ho trovati tutti molto più calmi e sorridenti. Sarà la magia del silenzio, chi lo sa? In ogni caso, dopo colazione siamo partiti, e devo dire che oggi è sicuramente la giornata più brutta che mi sia capitata a Lima da quando sono qui. La pioggia non è più quella pioggerella sottile, ma una pioggia molto più consistente e fastidiosa, tanto che ci preoccupiamo su come i nostri pullman potranno arrivare in cima alla baraccopoli.

In qualche modo, ce la fanno e iniziamo a lavorare. Se nei giorni precedenti non si poteva vedere oltre i 10 metri da dove ci trovavamo, oggi vedere oltre 3-5 metri è già un miracolo. Questo rende il lavoro molto più faticoso perché pur trovandosi nello stesso cantiere, la scarsa visibilità rende difficile vedere anche i propri compagni di viaggio.

I lavori continuano e procedono a ritmo sostenuto. Il cantiere in alto, che doveva realizzare un campo più piccolo, è già a buon punto. Mentre quello in basso ha ancora alcune cose da ultimare. Con una giornata e mezza di lavoro ancora a disposizione, siamo certi che non solo riusciremo a completare quanto previsto, ma probabilmente riusciremo anche a incorporare una fila di tribune o di scale, il che ci rende molto felici per tutte le persone che potranno utilizzare questo spazio.

Alle 14:00 partiamo tutti verso i diversi centri che ci accolgono. Ricordo che sono sei.

Alle 18:30 siamo tutti pronti per iniziare la terza riflessione personale, seguita dai gruppi. La terza riflessione personale riprende la conferenza di ieri, quella su cui non abbiamo scritto perché ci siamo soffermati sulle esperienze dei gruppi. Entrambe affrontano il tema della sofferenza e del dolore, nonché i limiti della vita umana.

La sofferenza e il dolore, di cui l’estremo più grande è la morte, fanno parte della nostra vita e non possono essere cancellati. Parlano del nostro desiderio di infinito, della parola di eternità che portiamo nell'animo. Trovano anche un riscontro nell'esperienza dei limiti umani. Questi limiti si manifestano non solo nella morte e nelle malattie, ma anche nelle fragilità quotidiane che tutti affrontiamo.

Il messaggio di fondo non è tanto quello di approfondire la natura della sofferenza, che in un certo senso riflette il mistero del male e, in quanto tale, è difficile da approcciare e potrebbe sembrare riduttivo. Piuttosto, è cercare di andare oltre e considerare qualsiasi spazio di sofferenza o dolore che ci si presenta nella vita - sia a causa di scelte personali, sia per colpa degli altri, sia per eventi che accadono inevitabilmente - come un'occasione.

Questo richiede alcune cose. Prima di tutto, la consapevolezza che non si può prendere una situazione di sofferenza o difficoltà come la misura di tutte le cose nella vita. Spesso, di fronte alle difficoltà, se uno va nel panico o si smarrisce, vede la realtà attraverso le “lenti” della sofferenza, e tutto appare buio, come se la sofferenza, le difficoltà e i dolori avessero l'ultima parola.

Non è vero che la sofferenza abbraccia tutta la nostra vita. Penso che molti di noi, guardando indietro nel tempo ai momenti difficili che hanno dovuto affrontare, possano riconoscere che sono momenti molto circoscritti, indipendentemente dalla loro durata. Questi momenti non rappresentano la totalità della nostra esistenza né nello spazio né nel tempo.

Questo non vuol dire che non ci siano sofferenze che sembrano schiaccianti e capaci di cambiare tutto. Tuttavia, il punto è non far sì che questi momenti diventino la misura della nostra esistenza. La sofferenza può essere un'occasione per chiedere aiuto, anche se a volte è difficile farlo. Può essere un’occasione per scoprire di non essere solo.

Penso che la solitudine, e soprattutto la solitudine nella sofferenza, sia una delle esperienze più vicine all'inferno. Tuttavia, se guardiamo con attenzione, la sofferenza spesso si presenta come un'opportunità per stare con gli altri, per ascoltare e per essere ascoltati, per ricevere e dare supporto. Chi non ha avuto questa esperienza deve aver passato un brutto momento.

Così riportiamo due esempi che ormai sono diventati famosi nelle missioni. Anche se 30 ragazzi hanno già fatto questa esperienza l'anno scorso e hanno già sentito questi due esempi, nessuno se li ricordava finché non sono stati menzionati di nuovo.

Il primo esempio è quello della perla. Una perla è una pietra preziosa la cui origine risiede in una ferita: un granello di sabbia entra nell'ostrica, la ferisce o la contamina, e diventa un'infezione. L'ostrica risponde avvolgendo la ferita con strati di madreperla, trasformando così il dolore in qualcosa di prezioso. L'insegnamento che ne traiamo è che da ogni ferita può nascere l'amore. La madreperla, che copre la ferita, rappresenta questo amore che trasforma il dolore in qualcosa di prezioso.

Nella vita concreta, possiamo vedere che le persone che hanno sofferto e superato ferite in passato spesso hanno una marcia in più per capire gli altri, cogliere il loro stato d'animo, per ascoltare e essere più sensibili alla sofferenza altrui.

L'altro esempio che si aggiunge al tema dell'unicità è quello del Kintsugi, l'arte giapponese di riparare ceramiche rotte con dell’ oro. Quando un pezzo di ceramica si rompe, viene ricomposto unendo i vari frammenti con dell'oro, creando un doppio effetto. Da una parte, questa tecnica porta alla consapevolezza che due vasi di ceramica, anche se identici, non si romperanno mai nello stesso modo se cadono dalla stessa altezza e alla stessa velocità. I pezzi saranno diversi, e ogni frammento sarà unico. Questo ci ricorda che il modo in cui ognuno di noi soffre o si "rompe" è unico. La nostra sofferenza e le nostre ferite sono personali e irripetibili, aggiungendo un livello di unicità alla nostra esistenza, già unica di per sé.

Inoltre, il Kintsugi ci insegna che non solo possiamo ricomporci, ma che le nostre ferite possono essere "evidenziate" e "celebrate". Nella società odierna, spesso si tende a buttare via ciò che è rotto. Il Kintsugi, invece, ci mostra che le nostre fragilità, riparate con dell’ oro, diventano segni di forza e bellezza. Le riparazioni con l’oro evidenziano le crepe e dicono: "Qui c'era una fragilità, ma guarda quanto è preziosa". L'oro, infatti, simboleggia il valore che si può trovare anche nelle nostre parti più vulnerabili.

L'insegnamento concreto è quello di vedere le nostre crepe, ferite e fragilità, lì dove siamo "rotti", come qualcosa di potenzialmente molto prezioso. Nessuno vuole soffrire, ed è naturale, ma queste esperienze ci offrono l'opportunità di crescere e maturare.

Sono convinto che questo discorso non vale solo per le sofferenze, ma per ogni momento di crescita nella vita. A volte, tendiamo a "sovraproteggere" chi è più piccolo o fragile, chi sta ancora imparando, e si confonde l'accompagnare, che è necessario ma più faticoso, con il sostituirsi alle persone. Credo che sia importante per la crescita individuale affrontare sfide che non permettano di nascondersi o di far sì che qualcun altro prenda il nostro posto. È comunque essenziale che, di fronte alle sfide della vita, ognuno si senta accompagnato, che si senta sostenuto dall'amore, perché solo così possiamo crescere, diventando una versione più “salda” di se stessi, e di conseguenza più vera, più buona e più bella.

Dopo le riflessioni di gruppo, ci riuniamo tutti nel refettorio per mangiare insieme e festeggiare Giovanni, che oggi compie gli anni e festeggia insieme a tutti noi.