
Nel cuore di ogni uomo c'è un desiderio di infinito
Oggi è il primo giorno dedicato alla costruzione delle case. Ieri, invece, ci siamo occupati dello scarico dei materiali e della loro distribuzione nei vari punti del cantiere. La giornata inizia con una mezz'ora di ritardo rispetto agli altri giorni, cosa che ci ha permesso di svegliarci un po' più tardi.
Un aneddoto curioso riguarda il nostro gruppo: poiché i ragazzi non hanno accesso ai cellulari, hanno scarsa consapevolezza degli orari. Di solito, si svegliano solo quando vengono svegliati dallo staff. Tuttavia, c'è un ragazzo, ormai al terzo, quarto o quinto anno di esperienza, che si sveglia sempre prima dell'orario stabilito, per qualche strano motivo, come se avesse un orologio biologico infallibile. Non avendo comunicato ai ragazzi la variazione di orario, lui era convinto che l'attività iniziasse alla solita ora.
Stamattina, mentre ero ancora tra le braccia di Morfeo, ho sentito bussare alla porta. Mi sono svegliato a fatica, poiché ero già preparato mentalmente a dormire mezz'ora in più. Apro la porta e trovo il mio amico, che mi indica l'orologio dicendo: "Nando, sei in ritardo!" Con molta poca simpatia, soprattutto perché era presto e mi ero appena svegliato, lo guardo e gli rispondo: "Oggi potevamo dormire mezz'ora in più." Poi chiudo la porta e provo a tornare a dormire, impresa che, puntualmente, non riesco a portare a termine. Questa situazione è stata piuttosto divertente, perché ho avuto modo di prenderlo in giro per tutto il giorno.
Ci siamo poi ritrovati nella cappella, un ambiente raccolto con circa sessanta posti a sedere, perfetto per creare un'atmosfera di preghiera intima e suggestiva, molto più adatta di un grande auditorium. Dopo una breve preghiera, abbiamo fatto colazione: un pasto veloce e austero composto da pane, frutta, marmellata, un po' di burro, talvolta formaggio spalmabile, e il caffè locale, che è molto diverso dal nostro. In seguito, ci siamo riuniti tutti in auditorium per la seconda conferenza del nostro viaggio, che ha seguito quella introduttiva.
Ieri abbiamo parlato di un testo sul quale i ragazzi hanno riflettuto, o almeno speriamo, sulle cavità del cuore: gioie, dolori, paure e desideri. Abbiamo deciso di iniziare con la parte positiva, la felicità e le gioie, cercando di trasmettere ai ragazzi alcuni concetti, prendendo spunto dalla parabola del giovane ricco. Questa parabola non solo si interroga sulla vita eterna, ma anche sulla felicità piena in questa vita.
Abbiamo sottolineato che la ricerca della felicità è una domanda che accomuna tutti gli esseri umani di ogni epoca. Il giovane ricco, che possiede tutto dal punto di vista materiale ed è moralmente irreprensibile, dichiara di seguire i comandamenti sin dalla giovinezza. Nonostante ciò, sente che gli manca qualcosa. Abbiamo evidenziato come la giovinezza sia forse il tesoro più grande, perché il tempo è un bene che non possiamo recuperare. Così, questo giovane, che ha tutto, si ritrova a chiedere insistentemente a Gesù, un uomo di un paesino sperduto della Giudea, quale sia il segreto di una felicità completa. Noi non siamo molto diversi da quel giovane che ha tutto: siamo qui per fare qualcosa di molto bello, buono e utile per persone in condizioni di evidente miseria. I ragazzi, con la loro giovinezza, sperimentano, proprio come il giovane ricco, un costante richiamo interiore verso qualcosa di più grande e più bello.
Questo ci porta a confrontarci con noi stessi e a porci domande fondamentali: come posso essere felice? Sono felice? Riuscirò a essere felice? Se non lo sono, perché? Cerchiamo di offrire loro qualche spunto di riflessione per trovare risposte a queste domande. Prendiamo spunto da questo per sottolineare che nessun uomo o donna potrà mai essere felice se non si conosce veramente. La felicità nasce dalla conoscenza di sé, perché senza di essa rischiamo di sbagliare mira e di prendere direzioni sbagliate nella vita. La felicità è strettamente legata alla nostra identità. Nessuna persona può essere felice vivendo nella finzione, indossando maschere o cercando di soddisfare le aspettative degli altri, in quanto si rischia di tradire la propria interiorità e unicità. È solo abbracciando chi siamo veramente che possiamo trovare la vera felicità.
Prendiamo spunto anche dall'idea dell'unicità, di cui forse abbiamo già parlato in passato: ognuno di noi è unico e irripetibile. Tra i miliardi di persone che sono esistite, esistono e esisteranno, non c'è, non c'è stato e non ci sarà mai nessuno come ciascuno di noi. Invitiamo quindi i ragazzi a riflettere e a prendere consapevolezza di questa loro unicità: sei consapevole che sei unico? Sei consapevole che come te non c'è nessuno? La risposta alla felicità è quindi unica e molto personale, proprio come lo è ciascuno di noi.
Continuiamo dicendo che la felicità non dipende solo dal conoscersi, anche se questo è un punto di partenza fondamentale, ma non potremo mai conoscerci completamente al 100%, perché alla nostra unicità si aggiungono le gioie, le sofferenze e le esperienze della vita. Un altro elemento cruciale è l'amore per sé stessi. La vera sfida è imparare ad amarsi così come si è. Questo non significa rinunciare a migliorarsi, ma abbandonare il senso di inadeguatezza e la sensazione di essere “fuori posto”. Significa smettere di valutare il proprio valore in base ai pregi e ai difetti, ai successi ottenuti o alle cose possedute, che sono criteri superficiali e ridicoli.
Infine, facciamo notare ai ragazzi che la felicità di cui parliamo non è una semplice emozione passeggera. Stiamo parlando di una felicità salda, duratura e stabile, che non può dipendere da cose materiali, successi o da cose superflue. Questa felicità necessita di un fondamento molto più profondo, radicato nell'identità, ma anche in un desiderio di infinito.
Citiamo Leopardi per mostrare come questo desiderio di qualcosa di più grande sia sempre presente nel cuore dell’uomo, attraversando secoli e culture.
“... il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena né per dir così dalla terra intera, considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, la mole e il numero meraviglioso dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio. Immaginarsi il numero dei mondi infiniti e l’universo infinito e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande di siffatto universo, e sempre accusare le cose di insufficienza e nullità, e patire mancamento e vuoto e perciò noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di umiltà che si venga nella natura umana”. Giacomo Leopardi - Zibaldone
Indipendentemente dal periodo storico o dalla cultura, l'uomo ha sempre sentito un richiamo all'eternità e all'infinito. Nulla su questo mondo, per quanto bello possa essere, potrà mai soddisfare completamente un cuore assetato di infinito. E che cos’è questo infinito? È l’insieme di tutto ciò che è bello, buono e vero.
Chiudiamo quindi questa prima riflessione con i ragazzi invitandoli a porsi alcune domande fondamentali: ti conosci davvero? Ti ami per quello che sei? Sei felice o stai ancora cercando la tua strada? Cosa devi fare per raggiungere questa vita eterna e questa felicità stabile che perdura anche nei momenti di difficoltà?
Finita la conferenza, ci aspetta una giornata che inizia molto fredda, ma che poi diventa calda con il passare delle ore. Passiamo da un freddo gelido e nebbioso a una giornata di sole intenso. La terra qui è particolarmente rossa, simile a quella che abbiamo visto in Africa l'anno scorso e che rivedremo tra qualche settimana: terra rossa e tanto verde. Arrivati a Kirchner, dividiamo i ragazzi in gruppi: una parte per le cinque famiglie e l'altra parte per le dieci famiglie. Le due zone sono a soli cinque minuti a piedi l'una dall'altra. Iniziamo con la tradizionale selezione da parte delle famiglie del gruppo di ragazzi che costruirà loro la casa. I ragazzi si dispongono intorno alle varie famiglie, le presentiamo una per una e ogni famiglia sceglie i ragazzi. Alcuni ragazzi mostrano i muscoli, altri cercano di apparire più carini e simpatici, altri ancora strillano e alzano le braccia per attirare l'attenzione, ognuno facendo del suo meglio per essere scelto.


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Una volta che ogni gruppo è stato scelto, i ragazzi insieme alle famiglie, prendono le cassette degli attrezzi e si dirigono verso il terreno dove costruiranno le case. Qui lavoriamo a fianco dei volontari dell'organizzazione non profit Techo, nata in Argentina ma presente in tutta l'America Latina con la missione principale di costruire case. Ogni squadra ha un volontario che li guida nel processo di costruzione delle fondamenta. Sebbene le tecniche possano variare leggermente rispetto a esperienze passate in Perù e in Ecuador, il principio di base è lo stesso: si posizionano 12 tronchi rossicci nel terreno scavando a una profondità adeguata e livellandoli accuratamente. Questi tronchi devono essere non solo dritti ma anche alla stessa altezza l'uno rispetto all'altro, perché su di essi verrà poi posato il pavimento.
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Il processo di scavo è la parte più delicata e lunga: i ragazzi, scavando, trovano vari oggetti mentre preparano il terreno. Una volta posizionati e livellati tutti i tronchi, la giornata volge al termine alle cinque del pomeriggio, con ogni gruppo che ha completato le sue 12 fondamenta. Non è ancora il momento di mettere il pavimento, ma ci sarà tempo per tutto.

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Durante il lavoro, naturalmente, ci sono momenti di pausa in cui una parte dei ragazzi gioca con i bambini del luogo. Questi momenti sono importanti perché permettono di creare legami significativi con le famiglie locali, che sono estremamente accoglienti. Per loro, l'arrivo delle case è vissuto come una vera e propria benedizione, soprattutto in un periodo dell’anno in cui il clima è così freddo e umido. Le famiglie fanno di tutto per farci sentire quanto sia importante per loro questa nuova costruzione.

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Per quanto riguarda il pranzo, abbiamo provveduto all'acquisto degli ingredienti necessari per cucinarlo e per preparare le merende. Tuttavia, è compito delle famiglie cucinare per i nostri ragazzi, seguendo le nostre indicazioni. A differenza delle esperienze passate in altri luoghi dove abbiamo lavorato, non ci raduniamo tutti insieme per il pranzo, ma ogni gruppo pranza a casa con il pasto preparato dalla propria famiglia. Questa modalità è un'esperienza molto bella e significativa, perché permette una condivisione autentica con le famiglie locali.

Durante tutto il pomeriggio si lavora sotto un sole cocente. I ragazzi stanno dimostrando grande impegno e siamo estremamente orgogliosi di loro. Verso le 17:30-17:45 ritorniamo a casa. Alcuni ragazzi si dedicano a giocare a calcio, avendo finalmente trovato un campo che, per qualche strano motivo, lo staff stava nascondendo. Nel frattempo, gli altri si preparano facendo la doccia e lavandosi. Alle 19:30 è prevista la messa, presieduta da Padre Cesar, un appuntamento fisso di ogni giorno la cui partecipazione, a parte la domenica, è lasciata alla libera scelta dei ragazzi. Alle 20:30 ci ritroviamo tutti per cenare insieme. E così si conclude la nostra prima giornata di costruzione e seconda giornata di lavoro.