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July 26, 2023

Non conosciamo felicità più grande che quella di stare insieme

Fernando Lozada

La giornata di oggi inizia alle 6:20 con le prime sveglie. Alle 6:30 facciamo la preghiera del mattino e subito dopo la colazione. Alle 7:30 siamo già tutti sul pullman in direzione delle varie zone di lavoro. questa mattina vado per la prima volta alla zona dell’Envidia dove si trovano le 7 case e vedo effettivamente il grande lavoro che hanno dovuto fare i ragazzi in questi giorni: il sentiero è molto scosceso e difficile da percorrere e devo dire che i ragazzi hanno dato tutto e sono stati sorprendenti. Il peso dei pezzi delle case, le distanze lunghe e il caldo hanno reso il trasporto un lavoro duro, lungo e molto pesante. Molto più di quanto si possa immaginare. Nonostante questo, iniziamo a controllare le case, da quella che si trova più in altro a quella più in basso. Ci sono tre case che si trovano in cima (a circa 1 km di distanza dalle altre) e il paesaggio è pazzesco: c’è vegetazione ovunque e ci sono anche animali da fattoria (mucche, galline, pecore) appartenenti ad alcune famiglie. Queste tre case hanno già il pavimento pronto anche se, purtroppo, una di queste ha subito un piccolo incidente: durante il trasporto si è rotta una trave delle fondamenta e quindi, con l’aiuto del loro operaio guida, i ragazzi hanno dovuto cercare di sostituire la trave con un altro pezzo di legno. C’è stato un momento di sconforto ma poi si sono ripresi: a fine giornata sono riusciti a completare il pavimento.

La casa più in alto, invece, è a buon punto: hanno posato tutte le travi del pavimento e a fine giornata hanno tirato su anche le pareti. Manca solo il tetto. L’altra casa anche ha avuto un piccolo contrattempo: alcune travi sono state messe nel verso sbagliato, il che ha obbligato tutti a ricominciare nella posa delle travi nel verso giusto. C’è da dire che, a differenza degli altri anni in cui siamo venuti qui in Ecuador (dal 2017 al 2019) i “maestros” (ovvero dei nostri operai/falegnami) erano molto più rapidi e svegli nel risolvere i problemi. Quest’anno purtroppo hanno fatto molti più errori di costruzione.

Dopo queste prime tre case, continuo a scendere per la valle per controllare a che punto sono le altre. Si arriva così a un’altra collina molto bella, piena di alberi e di piante di mais. Qui si trovano due squadre a circa 300 metri di distanza l’una dall’altra. Queste case che a inizio giornata iniziavano a posare il pavimento, riescono a chiudere la giornata con tutte le mure alzate e quindi con il solo tetto da finire.

Le due case ancora più avanti sono quelle che si trovano più in basso. Hanno iniziato prima in quanto più facilitati nel trasporto dei pezzi e hanno già alzato tutte le mura e costruito addirittura una parte della struttura del tetto. A fine giornata, dunque, queste ultime due case sono tra tutte quelle che sono più avanti nella costruzione.

Qui ci dedichiamo, insieme al videomaker, a fare qualche intervista. Intervistiamo i ragazzi perché ci raccontino come stanno vivendo questa esperienza, l’incontro con le varie persone del posto e chiediamo loro il significato di “casa”. Poi intervistiamo due famiglie ecuadoriane: le persone del posto sono di poche parole, o meglio credo che, a causa della loro scarsa formazione scolastica (molti di loro non hanno neanche finito la scuola media) c'è un impedimento serio al potersi esprimere nel modo in cui probabilmente vorrebbero. Sicuramente nelle interviste la parola più pronunciata è la parola “Grazie”: sono molto grati perché quasi non credevano all’idea che avrebbero ricevuto una casa. Quando effettivamente le hanno viste arrivare il loro cuore si è riempito di gioia. Nelle due famiglie che intervistiamo ci sono più bambini, in particolare ci colpiscono due bambine: Ivana e Guadalupe. Entrambe vorrebbero diventare medici e ci commuove sentirglielo dire. Gli chiediamo il perché di questo desiderio: “Perché così posso salvare le persone e curare chi sta male.” Sono risposte forse un po’ scontate, ma in realtà è molto bello che un bambino desideri fare il medico, non tanto per la professione in sé e per i meriti ad essa collegati, ma soprattutto per questo desiderio di aiutare chi sta male. Speriamo veramente di cuore che le famiglie riescano a venire incontro al desiderio di queste bambine. Ciò che a noi sembra scontato, come andare a scuola, per loro non lo è: anche solo per arrivarci devono percorrere chilometri e chilometri di terreno sterrato e poi alcuni di autostrada. La vita qui è più serena, ci dicono loro, e quando gli chiedi se sono felici, ti rispondono che lo sono. Riconoscono che la povertà c’è, ma allo stesso tempo ci dicono che hanno tutto l’essenziale per stare bene. Per quanto riguarda il cibo, non gli manca nulla: riescono a mangiare e a vivere di ciò che coltivano nei campi (le patate, la frutta, la verdura, le uova). Ci colpiscono quindi queste due cose: sì la povertà si sente, sì gli mancano tantissime cose, ma stare insieme per loro è la cosa più importante; inoltre, il futuro incerto di queste bambine non è per loro un impedimento a sognare in grande per poter aiutare chi sta male.

Verso l’ora di pranzo, insieme al videomaker e al fotografo, ci dirigiamo verso la zona delle cinque case iniziando a controllare quelle che si trovano più in alto. La casa più in cima, a fine giornata, riesce a chiudere quasi più della metà della costruzione. Un grande traguardo visto che la costruzione era molto indietro. Le due case successive chiudono la giornata con tutte le pareti sollevate e qualche trave che fa da base del tetto. Invece, le due case più sotto, che ieri erano quelle più avanti nella costruzione, hanno subito un ritardo inspiegabile: hanno sollevato solo quattro mura e siamo preoccupati se ce la faranno o meno entro domani, in quanto, in mattinata, dovremo iniziare a fare tutte le benedizioni.

L’ambiente di lavoro è comunque sempre molto positivo: i ragazzi sono carichi, lavorano, sorridono, giocano con i bambini. C’è una bellissima atmosfera, sicuramente alimentata - a detta dei ragazzi - anche dallo spirito di squadra che si è creato durante le Olimpiadi che li ha aiutati a lottare insieme, a fare squadra, a conoscersi di più e a imparare a “camminare insieme” , che è proprio quello che stanno mettendo in atto nella costruzione delle case.

Questa volta dedichiamo un’ora in più al lavoro e il rientro è previsto per le 17:00. Alle 17:30 siamo a casa e alle 18:30 ci ritroviamo tutti dalle ragazze per fare l’ultima condivisione di gruppo: quella sull’amore. È stato un bel momento di condivisione: c’è stato qualche pianto, qualche risata e delle conversazioni profonde. Per i ragazzi è sempre più evidente come questi momenti di condivisione, di apertura del proprio cuore e di mostrarsi per quello che si è senza la paura di essere giudicati, siano essenziali per l’esperienza che stanno facendo.

Finita la condivisione (che è durata circa 2 ore), partecipiamo alla Santa Messa, mangiamo e infine tutti a dormire.