0
July 12, 2025

Offline. Ma più vivi che mai.

Marta Scotti

Ogni estate, con i nostri progetti nel mondo, accompagniamo centinaia di giovani a vivere un’esperienza forte di relazione, servizio e riflessione. Siamo convinti che, per crescere davvero, ogni ragazzo e ogni ragazza abbiano bisogno di qualcuno che li guardi con fiducia, che creda in loro e li aiuti a scoprire i propri talenti. Mai come oggi. Soprattutto con esperienze che li portino ad uscire dalla propria “comfort zone”.

I giovani del nostro tempo, come quelli di ogni epoca, sono un vulcano di vita, di energie, di sentimenti, di idee. Lo dimostrano ogni giorno, con le cose straordinarie che riescono a fare nei contesti più diversi.

In un mondo in cui essere altrove è diventata l’abitudine — altrove rispetto al corpo, al momento presente, alla relazione — 81 ragazzi di 14 e 15 anni hanno scelto (o forse hanno semplicemente accettato) di “essere presenti”. Per due settimane in Perù, hanno vissuto senza cellulare. Nessun social, nessuna notifica, nessuna possibilità di distrarsi dalla realtà. Solo il presente.

E che presente hanno vissuto!

Lo hanno abitato nelle baraccopoli, costruendo qualcosa di concreto: un campo sportivo, dieci case prefabbricate per famiglie in estrema difficoltà. Hanno giocato con i bambini, disabili e non, negli orfanotrofi, portando leggerezza dove spesso c’è solo fatica e sofferenza. Nelle case di accoglienza, hanno parlato e ascoltato anziani che nessuno ascolta più: uomini dimenticati da tutti, che hanno trovato negli occhi puliti di questi ragazzi una carezza più forte di qualsiasi medicina.

E lì, in quei momenti, non erano più solo dei “ragazzi”. Erano adulti, nella misura più vera e profonda del termine. Erano persone che si prendevano cura di altre persone. Che accudivano e che ascoltavano con amore. Con una maturità spontanea, senza maschere, senza filtri. Lo hanno vissuto giorno dopo giorno anche nei dialoghi tra loro, negli sguardi autentici, nei silenzi condivisi.

Senza telefono, sono stati interamente presenti: nel corpo, nello sguardo, nel cuore. Hanno scoperto quanto sia faticoso — e meraviglioso — ascoltare davvero. Quanta vita c’è dietro una parola detta piano, un gesto, una stretta di mano, un abbraccio. Quanto si possa ricevere in cambio di nulla: solo esserci.

In un’epoca segnata da una rapida evoluzione tecnologica, in cui l’intelligenza artificiale entra sempre più nelle nostre vite offrendo risposte a qualunque domanda, l’esperienza vissuta da questi ragazzi ci ricorda che ci sono domande che non si risolvono con un click. La crescita personale, la maturità, la relazione autentica, non sono funzioni che si attivano, ma cammini faticosi da compiere.

Come ha ricordato qualche giorno fa Papa Leone XIV, le relazioni sociali richiedono spazi di sviluppo che trascendono di gran lunga gli schemi che qualsiasi macchina può preconfezionare. L’intelligenza artificiale possiede una memoria statica; la nostra, invece, è viva, dinamica, creativa, e “implica l’apertura della persona alle domande ultime della vita e rispecchia un orientamento verso il Vero e il Buono. È capace di unire passato, presente e futuro in una ricerca profonda di senso. La persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero, e riconoscere e rispettare ciò che è unicamente umano è oggi più che mai essenziale."

I nostri giovani sono la speranza viva del futuro. Ogni talento, ogni dono che possiedono è unico e irripetibile, proprio come lo sono loro. Il benessere della società dipende dalla loro capacità di riconoscere questa unicità dentro di sé, coltivarla e metterla a servizio degli altri con uno spirito libero, creativo e generoso.

Ma troppo spesso oggi si trovano a vivere in un contesto che favorisce la superficialità, l’individualismo, l’instabilità affettiva. I social, dominati da logiche di performance e approvazione, rischiano di generare isolamento invece che relazioni vere. A scuola, in famiglia, tra coetanei, manca spesso lo spazio per l’ascolto e il dialogo. E la solitudine che ne deriva è una ferita silenziosa.

Per 14 giorni, quei ragazzi hanno rinunciato al telefono che spesso ci offre un comodo rifugio per non sentire il “peso” dell’altro. E in cambio, hanno imparato ad amare con spontaneità, a riconoscere la dignità anche dove tutto sembra perduto, ad aprire il proprio cuore al dialogo e all’ascolto, a mettersi in gioco senza filtri, come solo un adolescente può fare, se qualcuno gli dà fiducia.

Hanno ridato valore al tempo. Alla presenza. Alla realtà.

Anche quest’anno, l’estate Wecare sarà piena di volti, storie, incontri. In queste settimane siamo nuovamente in Perù, poi in Albania, in Brasile, in Argentina, in Ruanda e in Camerun nei quartieri più fragili delle città. Con i giovani, per i giovani. Per farli crescere liberi, responsabili e capaci di "essere presenti”.

E oggi, quei ragazzi tornati dal Perù forse hanno di nuovo un telefono in tasca. Ma dentro di sé custodiscono un’esperienza che li ha toccati in profondità. E un ricordo potente: quello di esserci stati. Davvero.