
Ognuno porta in sè qualcosa di unico e irripetibile
La giornata di oggi è iniziata come tutte le altre: con la preghiera, la colazione, e poi siamo partiti con i nostri grandi pullman. Il tempo sta peggiorando: il cielo è grigio, la fastidiosa pioggerellina tipica di Lima ha cominciato a cadere, e la visibilità non supera i cinque metri davanti a noi. Questo rende il lavoro più piacevole per quanto riguarda la temperatura, ma meno per l'ambiente.
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La musica ci dà energia e rende tutto più sopportabile. I nostri ragazzi continuano a lavorare con impegno, nonostante le difficoltà. Ieri una betoniera si è rotta e, anche stamattina, una delle vecchie betoniere del cantiere ha smesso di funzionare. Per questo motivo, per un po’ i ragazzi hanno dovuto fare il cemento a mano. Chi lo ha fatto sa quanto questo sforzo metta alla prova braccia, spalle e schiena, specialmente quando si tratta di grandi quantità di cemento.






Nonostante tutto, i lavori proseguono costanti e l'impegno dei ragazzi è ammirevole. È bellissimo vedere il rapporto che si sta creando con le persone del posto, specialmente con le donne che abitano lì vicino e che ogni giorno cucinano per noi, ci comprano la frutta e ci aiutano con il lavoro. Gli operai, che sono del quartiere, non sono solo professionisti, ma anche residenti che si uniscono a noi per dare una mano. Lavoriamo fianco a fianco, creando un vero spirito di collaborazione.
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Oggi, invece di fare il solito elenco delle attività svolte, vorrei soffermarmi sull’esperienza dei gruppi di riflessione. Non so bene quanto si sia capito, ma un aspetto essenziale delle esperienze che organizziamo con Wecare sono i momenti di confronto, prima di tutto con se stessi, partendo dalle tematiche proposte per poi andare più in profondità. Abbiamo cominciato con il desiderio infinito di felicità che è nel cuore di ogni essere umano. Successivamente, incoraggiamo il confronto tra i ragazzi, organizzando piccoli gruppi separando maschi e femmine. Questo permette a tutti di esprimersi al meglio, creando un ambiente di condivisione e apertura.
I gruppi sono formati da ragazzi che sono già amici o da ragazzi che vivono nella stessa città, così da garantire un'atmosfera confidenziale che faciliti il dialogo non solo sulle tematiche proposte, ma anche su aspetti più ampi della vita e della storia personale di ognuno. Parlando di profondità e felicità, è inevitabile che le risposte tocchino non solo le esperienze di questi giorni, ma anche il passato e il presente delle loro vite.
Ieri sera abbiamo avuto il primo giro di gruppi, formando in totale 13 gruppi: sette di ragazzi e sei di ragazze. Il tema della serata era la felicità, esplorato attraverso due domande fondamentali: "Cosa ti dà felicità?" e "Cosa ti toglie la felicità?"
Abbiamo riflettuto su quanto discusso nei giorni precedenti, cercando di far capire che la felicità non è solo un insieme di emozioni o momenti di divertimento in cui ci si sente bene, ma qualcosa di più profondo che non dovrebbe essere facilmente condizionato dagli eventi esterni.
Nel confrontarci su questo tema, abbiamo cercato di approfondire come ciascuno dei ragazzi vive e percepisce la felicità nella propria vita. Sebbene non sia possibile abbracciare tutte le esperienze personali di ogni ragazzo, sono emerse alcune ancore comuni molto chiare.
La prima riflessione è che, in questa fase della vita e forse durante tutta la nostra esistenza, le relazioni sono essenziali. La qualità delle relazioni che abbiamo, la loro volontà, bellezza e verità, è fondamentale per come i ragazzi si percepiscono. Si sentono soli? Si sentono presi sul serio? Si sentono adeguati e amati?
Per questa fascia di età, diventano cruciali due poli delle relazioni: quello delle amicizie fuori casa e quello della relazione con i genitori. Le amicizie spesso sono viste come un rifugio, una distrazione dalle difficoltà quotidiane e da ciò che appesantisce, un luogo dove ci si può rilassare e essere se stessi. Tuttavia, questo può anche essere un terreno fertile per fare sciocchezze, come molti di noi hanno sperimentato durante l'adolescenza. Dall'altro lato, la relazione con i genitori può essere difficile. Non tutti i ragazzi hanno questo problema, ma spesso ci si trova di fronte a genitori molto esigenti, soprattutto sul fronte delle aspettative e dei risultati.
Con genitori molto esigenti, soprattutto sul piano scolastico, sportivo o in altre attività, si arriva spesso a un punto in cui i ragazzi percepiscono che l'amore dei propri genitori è condizionato dai risultati. Questo impatto è significativo, e molti ragazzi finiscono per credere che l'amore dei genitori, che dovrebbe essere incondizionato, sia in realtà legato ai loro successi.
Ci è capitato di avere ragazzi che si sentono amati solo se eccellono in determinate attività e, quando non riescono, percepiscono che l’ amore dei genitori viene a mancare. Al di là dei casi particolari che ci possono essere, questo ci invita a riflettere profondamente e a fare un esame di coscienza. Essere genitori è indubbiamente difficile, e le aspettative di buoni risultati e miglioramenti rispondono a un desiderio genuino di vedere i figli realizzarsi al meglio. Tuttavia, quello che noi ci aspettiamo dai nostri figli, la miglior versione di loro stessi, non corrisponde sempre a ciò che loro sono chiamati a essere.
Bisogna fare attenzione che ciò che ci aspettiamo dai nostri figli, pur nascendo da una giusta preoccupazione e dall’ amore, non sia necessariamente ciò che è meglio per loro o ciò a cui sono realmente chiamati. Un esempio banale potrebbe essere un padre che si aspetta che il figlio diventi un grande medico, mentre il figlio è tutt’altro che una mente scientifica e magari ha inclinazioni artistiche. Insomma bisogna stare attenti che i nostri modelli e aspettative non diventino un’oppressione per i ragazzi.
Torniamo a loro: in questo dialogo emerge molto chiaramente l'idea che la loro felicità dipenda dal comportamento degli altri nei loro confronti. È importante dire qualcosa su questo punto, che può sembrare molto forte e certamente difficile da accettare e attuare: l'autentica felicità non può essere condizionata dagli altri. Può essere alimentata e supportata dagli altri, ma non può dipendere interamente dall'accettazione altrui. La vera felicità deve trovare la sua sorgente dentro di sé, non nell’accettazione degli altri o meno.
Credo quindi che la felicità non possa essere condizionata da fattori esterni; essi possono influenzarla, ma non determinarla completamente. Per me, la vera felicità inizia nel momento in cui ci conosciamo profondamente e scegliamo di essere la nostra versione più autentica, bella e buona. Questo potrebbe sembrare un concetto banale, ma in realtà è un percorso possibile, più semplice di quanto si possa pensare. L'importante è impegnarsi e superare la paura di non piacere agli altri o di non essere amati, una ferita che credo faccia parte dell'esperienza umana di tutti.
Tornati al lavoro con i ragazzi, ci incontriamo per la seconda conferenza del viaggio, dopo aver esplorato la profondità e la felicità, affrontiamo ora la sofferenza. Dato che abbiamo già approfondito abbastanza le questioni profonde, lasceremo la riflessione sulla sofferenza per il diario di domani. Dopo la conferenza, ceniamo e poi i ragazzi trascorrono la serata insieme, mentre noi speriamo che non combinino guai.