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June 14, 2025

Perù, giorno 1: 81 ragazzi pronti a scoprire cosa vuol dire donarsi

Fernando Lozada

Per certi versi, scrivere della prima giornata di quest’esperienza è la cosa più semplice. Nonostante la sveglia alle 4 del mattino, si è ancora freschi, la mente è lucida e la fatica — quella che giorno dopo giorno si accumula sul campo, nel pieno della missione — è ancora lontana.

Ma per altri versi è anche la più difficile. Perché il desiderio è quello di offrire una cornice, un contesto che aiuti a comprendere cosa stiamo per vivere dall’altra parte del mondo — senza però cadere nei soliti preconcetti. Ogni viaggio è unico. Ogni esperienza porta con sé qualcosa di nuovo. Non solo per ciò che faremo, ma per chi lo farà: 81 vite adolescenti che, in queste due settimane, proveranno a fare qualcosa di molto serio: donarsi.

Per questo non è un viaggio qualsiasi. E non è nemmeno un’esperienza di volontariato qualsiasi. È un viaggio che ti può cambiare dentro. E quel “ti può” è fondamentale: perché nulla accade senza la libertà. Senza la docilità di lasciarsi toccare dai volti, dalle mani, dall’umanità delle persone che incontreremo. Altrimenti si rischia di vivere tutto in superficie.

Non è un viaggio qualsiasi anche perché ci saranno diversi momenti pensati per fermarsi, riflettere, guardarsi dentro. Per trasformare ciò che si fa e ciò che si prova in pensieri, domande, certezze, quelle che, se radicate, possono accompagnare questi ragazzi anche molto tempo dopo il rientro.

Siamo partiti prestissimo. Appuntamento alle 5 del mattino. 71 ragazzi da Milano, 9 da Roma, e uno che ci raggiungerà tra qualche giorno. 81 adolescenti tra i 14 e i 16 anni che hanno deciso (più o meno autonomamente, chi più chi meno!) di trascorrere due settimane dall’altra parte del mondo, donando parte del prezioso tempo della loro estate per mettersi al servizio.

A Madrid ci riuniamo tutti. Dopo i controlli passaporti, un ufficiale ci augura, con un sorriso ironico, tutta la pazienza del mondo. Io rido e ricambio con un “buona giornata”. Ma dentro di me penso che ha ragione: la pazienza sarà una delle nostre armi più preziose. Chi ha un figlio adolescente sa quanto possano mettere alla prova. E sa bene quanto la pazienza, forse, non sia proprio la virtù più esercitata. Ma penso anche che quello sia uno sguardo molto riduttivo su ciò che hanno gli adolescenti da darti. Perché per quanto abbiano il potere di farti impazzire… hanno anche il potere di stupirti. Se li guardi bene. Se dai loro gli strumenti per “fiorire”. Come un seme che deve morire, che si deve aprire, affinché la vita che porta solo in potenza possa nascere. E gli strumenti per fiorire in questo caso saranno tanti: tutte le scomodità, tutto ciò che a loro mancherà della loro vita agiata, la fatica quotidiana, l’assenza del telefono… ma soprattutto la possibilità di passare il loro prezioso tempo facendo qualcosa per qualcun altro.

Basteranno un paio di giorni perché si accorgano che, per quanto bello, tutto ciò che possediamo e che accumuliamo nella nostra vita — oggetti, abitudini, comfort — spesso non è essenziale (per quanto sia una vera benedizione averli!). E che basta veramente poco per sentirsi pieni,  provare un’emozione che sembra farci scoppiare il cuore, come quando amiamo, come quando facciamo qualcosa per qualcuno senza aspettarci nulla in cambio, e poi vediamo la gioia, la gratitudine, nei loro volti.

Devo dire che durante il viaggio i ragazzi sono stati davvero tranquilli. Nessuno ha creato problemi con i posti a sedere, e anche chi ha chiesto di spostarsi lo ha fatto con educazione e senza disturbare le hostess. C’è chi ha girato l’aereo per ben 12 ore, chi ha fatto maratone di film, chi ha chiacchierato o giocato con gli altri, e chi — fortunatissimo — ha dormito tutto il tempo. Dopo 12 lunghe ore di volo, finalmente atterriamo a Lima.

Ad accoglierci, due piccole grandi sfide: che tutti abbiano ancora con sé il passaporto (e grazie al cielo, questa volta è andata!) e che siano arrivate tutte le valigie. Anche questa prova è superata: tutto è con noi. Usciamo dall’aeroporto in una lunga fila di 91 persone, dopo aver fatto l’appello per assicurarci che nessuno manchi e ci dirigiamo verso il parcheggio dove, dopo una decina di minuti di attesa, arrivano i nostri due pullman. I ragazzi, con grande spirito pratico, si occupano anche della sistemazione dei bagagli nel vano sotto — anche se devo dire che, a guardarli, è una generazione che forse ha giocato troppo poco con i Lego. Li contiamo: 47 sul pullman A, 44 sul pullman B. Finalmente possiamo partire verso quella che sarà la nostra casa per le prossime otto notti: la Casa de Retiro San Agustín.

Google Maps ci dava un’ora e un quarto di tragitto, arrivo previsto per le 21:15… ma alla fine, non chiedetemi come, perché ho dormito tutto il tempo, arriviamo con qualche minuto d’anticipo, alle 20:50. Scarichiamo le valigie, ognuno prende la propria e le lasciamo davanti al salone dove faremo colazione e cena nei prossimi giorni.

Ad accoglierci c’è padre Gonzalo, un sacerdote peruviano che ci accompagnerà durante tutta questa avventura. Dopo una breve preghiera per benedire il cibo, ma soprattutto per ringraziare del nostro arrivo in quella che per otto giorni sarà “casa”, ci sediamo finalmente a tavola. I ragazzi non sanno bene dire se hanno più fame o più sonno. A giudicare dalle risposte, direi che sono state più le ragazze a votare per il letto, mentre i ragazzi hanno espresso una chiara priorità per il cibo! Anche se, ovviamente, non manca chi avrebbe voluto mangiare direttamente a letto perché non sa bene cosa desidera di più in questo momento. Il menù è semplice ma più che gradito: pollo alla piastra, riso in bianco, verdure.. un semplice benvenuto al quale si aggiunge una bella fetta di torta al cioccolato.

Finito di mangiare, ci spostiamo tutti in auditorio. Due comunicazioni fondamentali per questa sera: la carta igienica NON va buttata nel gabinetto — rischio serio di otturazione; l’acqua del rubinetto NON si beve mai, altrimenti il rischio è di otturazioni… ma interne! Poi cominciamo a chiamare le ragazze, una per una, per assegnare le stanze. Consegnano il cellulare e via a dormire. Poi tocca ai ragazzi. Sono già le 22, ma alcuni sembrano ancora carichi… quindi alle 22:15, per il bene di tutti, mandiamo in missione i ragazzi dello staff con un obiettivo chiaro: far spegnere le luci e mandare tutti a letto. Domani ci aspetta la nostra prima vera giornata di lavoro. E, si sa, se non si dorme… il rischio è di farsi male!