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June 23, 2023

Quel desiderio di essere amati senza se e senza ma

Fernando Lozada

Lasciarsi toccare dalla realtà non è qualcosa di semplice. A maggior ragione se la realtà, che ci circonda in questi giorni, è piena di contraddizioni e di ingiustizie, e soprattutto su tanti versi, di assenza di risposte. Anzi, direi che è una realtà che pone più domande che risposte. Fatto sta che, quando ti lasci toccare dalla realtà, c’è l’altissimo rischio di rimanere male, di buttarsi giù, perché è una realtà alla quale siamo esposti tutti giorni, ed esponendoci, affiora tutta la nostra vulnerabilità.

Da quando sono iniziate queste esperienze di volontariato all’estero, da quando sono stato sommerso in realtà molto dolorose, ho cercato di proteggermi. Essere a contatto con le sofferenze delle persone, non solo quando siamo in giro ma anche nei nostri progetti in Italia, è qualcosa che piano piano ti consuma, e ogni persona si prende un pezzo di te. Ogni volta che arrivo qui, a Cañete, e vengo circondato dalle famiglie che pochi minuti dopo conosceranno un gruppo di adolescenti arrivati dall’altra parte del mondo per costruire loro una casa, qualcosa dentro di me si spacca, e non posso fare a meno di piangere. Piangere un po' di nascosto, perché non vorrei essere visto né dai ragazzi né dai beneficiari delle case. Non è il fatto che a loro manchi una casa, i pasti quotidiani, un vestito dignitoso… sono i loro sguardi pieni di un mix di vergogna, timidezza e aspettative. E nonostante tutto ciò sono lì, in piedi, davanti a me, con una dignità che va oltre i loro averi e il proprio vestito, ad ascoltarmi e pronti a fare del soggiorno dei ragazzi qualcosa di bello. 

E poi ti bombardano di ringraziamenti e io interiormente, e davanti a loro, non faccio che dire grazie a loro per riportarmi con i piedi per terra, e per darmi la possibilità, insieme ai ragazzi, di essere uno strumento di speranza, siamo noi che ringraziamo loro per la loro forza di volontà, e siamo noi che ringraziamo loro per permetterci di aiutarli con così poco, e a nostra volta ricevere così tanto.

Dopo il solito rito mattutino i ragazzi partecipano alla quarta conferenza, quella dedicata all’amore. Sembra di essere stata la più sentita da tutte le conferenza, quella in cui tanti dei ragazzi e delle ragazze si sono ritrovati. Se dovessimo scegliere solo una piccola parte che possa fungere da nucleo centrale, direi che è: l’amore è vero quando incondizionato, quando non suppone un' azione dell’amato, lo si ama senza se e senza ma. E che questo amore nella vita umana è tanto desiderato, quanto difficile da trovare, e questo non perché l’essere umano non sia in grado di amare, ma perché l’amore umano è fragile appunto perché umano. Forse quel desiderio di un amore eterno e infinito che tutti ci portiamo dentro non potrà mai essere riempito dall’amore umano, ma forse ha bisogno di un Qualcuno che ci ami con amore eterno, che ci ami per sempre, che ci ami senza se e senza ma, che ci ami non in virtù dei nostri meriti, ma in virtù di essere la fonte stessa dell’Amore. Solo chi ci ama per chi siamo e non condiziona tale amore al cosa facciamo, ci ama veramente, e ci da la possibilità di amare noi stessi a nostra volta. E indipendentemente dal proprio credo, la definizione della fede cattolica di Dio come Amore, può risultare affascinante. Dio infatti non ci ama perché siamo buoni, ci ama perché Lui è infinitamente buono. Mamma e papà non ci amano perché siamo bravi e buoni, ma ci amano a prescindere da tutto ciò. E se una madre o un padre fanno sentire al proprio figlio o figlia che sono amati in virtù dei propri meriti, stanno dandogli tutti gli ingredienti per sentirsi un peso e patire l’ansia di prestazione e di non sentirsi mai abbastanza: l’amore se è vero non va meritato, va, semplicemente, accolto. Chi ti ama, ti ama così come sei. Si intravvede qualche pianto e qualche lacrima tra i ragazzi, sperando che qualche spunto gli sia utile non soltanto in questi pochi giorni che abbiamo ancora di esperienza, ma soprattutto per la loro vita dall’altra parte dell’oceano.

Partiamo verso le 9:30 e siamo nella nuova baraccopoli alle 9:45. Nel parco giochi incontriamo le 10 famiglie per le quali costruiamo una casetta. Una ad una le famiglie scelgono la squadra di ragazzi che nei prossimi 4 giorni avrà come compito la costruzione della loro casetta. Dopo un’ora dedicata a conoscere la famiglia e a vedere dove vivono, ci incontriamo tutti nella parte più centrale di questa baraccopoli che alloggia circa 260 famiglie, per scaricare i due camion che portano tutti i pezzi delle case. Si lavora in squadra, tutti per tutti, e verso le 15:00 riusciamo a finire di scaricare tutti i pezzi e a portarli nei terreni di ciascuna famiglia.

Poi i ragazzi dedicano un paio di ore a livellare il terreno per posare i pavimenti. Solo due delle 10 squadre riescono a posare il primo dei tre pavimenti, ma siamo tutto sommato ad un ottimo punto! Il trasporto dei materiali è stato portato a termine grazie anche alla partecipazione delle persone del posto. E mentre i ragazzi iniziano a livellare, molti bambini li circondano e li osservano mentre si danno da fare. 

Tornati a casa si sentono subito le prenotazioni per le docce, poi ci si vede a messa e infine a cena. Dopo cena, e la torta per i 18 anni di Carlotta, una ragazza dello staff, facciamo un breve briefing e si tiene l’ultima riflessione di gruppo per le ragazze.