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July 16, 2023

Qui l'unica cosa che conta è essere buoni e accoglienti con tutti

Fernando Lozada

Riprendiamo con il nostro diario di viaggio.

Dobbiamo iniziare il racconto dalla giornata del 14 luglio. Il 14 mattina tutti i ragazzi si incontrano molto presto in aeroporto (alle 4:00 quelli che partono da Roma e alle 5:00 quelli che partono da Milano). Mentre c’è un piccolo gruppo di 4 ragazzi che partono dalla Spagna (due Italo-spagnoli, un italiano che studia in Spagna e un altro ragazzo che si trovava lì per motivi di studio estivo).

Il gruppo si riunisce nella prima tappa a Madrid dove i ragazzi usano il loro tempo fondamentalmente per mangiare, per poi salire tutti alle 12:00 in aereo pronti per partire per Quito. Nel frattempo il gruppo del team e dello staff, che si trova già in Ecuador da due giorni, prepara il loro arrivo: gli spostamenti, la disposizione delle stanze e di tutto il materiale di lavoro, e la distribuzione dei pasti. Insomma c’è una logistica non da poco considerando che, pur essendo un gruppo più piccolo rispetto a quello precedente, sono pur sempre 92 partecipanti con 28 persone dello staff (per un totale di 120 persone).

Atterrati a Quito verso le 16:15 del pomeriggio con un lievissimo ritardo e dopo un’ora e un quarto di attesa per le valigie (purtroppo una valigia è andata persa), i ragazzi partono in 4 pullman divisi già per alloggi. Gli alloggi infatti sono due: uno per i maschi e uno per le femmine. Questo perché in tutta Canoa non c’era un’unica struttura che potesse ospitare 120 persone. Due pullman dunque si recano verso l’alloggio dei maschi e gli altri due verso quello delle femmine.

Dopo sette ore e mezza di viaggio, verso le 2:30 del mattino, tutti i ragazzi arrivano ai loro alloggi. Sono visibilmente provati: sono in viaggio da più di 30 ore. Così la prima cosa che facciamo è radunarli (maschi in un posto, femmine in un altro), per assegnare loro le stanze e per fagli consegnare i loro cellulari, gli diamo poi qualche dritta molto veloce sulla struttura che ci accoglie e finalmente vanno tutti nelle loro stanze a dormire (o almeno quasi tutti) perché devono avere a che fare con la quantità di insetti che si trovano in questi alberghi (visto che ci troviamo molto vicini agli alberi tropicali e alla spiaggia).

La mattina seguente, giustamente, concediamo più tempo per dormire, anche se alcuni ragazzi sono svegli già dalle 7:00 e giocano a pallavolo (anzi a Beach Volley) nel campetto che si trova nel loro alloggio. Alle 9:30 in ognuna delle strutture si fa la prima colazione: c’e tanta frutta, pane, uova, formaggio, latte, caffè e succhi di frutta, il tutto molto apprezzato dai ragazzi. Alle 10:30 ci incontriamo tutti nell’alloggio delle ragazze. L’alloggio delle ragazze, infatti, essendo quello più grande, sarà il luogo che ospiterà tutte le attività di formazione e spirituali.

Iniziamo la riunione presentandoci: noi del team e i ragazzi dello staff che accompagneranno i partecipanti in queste due settimane di volontariato e di percorso interiore. Dopo di che facciamo loro una domanda a cui ognuno deve rispondere nel suo cuore: “Cosa siete venuti a cercare?” . E così proseguiamo con la nostra introduzione alle esperienze di volontariato. La prima cosa che sottolineiamo è che al centro non ci sono loro. Di solito quando cerchiamo il divertimento dalle nostre parti, siamo abituati a mettere al centro noi stessi, il nostro divertimento, il nostro piacere, il nostro sentirci bene e a nostro agio. Niente di male con tutto ciò, ma qui la dinamica di trasforma, cambia totalmente: qui il divertimento non soltanto non è escluso, anzi, è assolutamente garantito, ma diventa un divertimento diverso dove al centro non ci siamo più noi stessi ma ci sono le persone che abbiamo a cuore e per le quali ci troviamo qui, alle quali cerchiamo di migliorare un poco la vita costruendo loro una casa, un campo sportivo, una struttura di accoglienza.

Quindi alla domanda: Cosa siete venuti a cercare? , la prima cosa che ricordiamo loro per poter dare una risposta più o meno congrua con lo spirito delle missioni di Wecare, è quella di tenere a mente che al centro ci sono le persone. Poi c’è l’esperienza di gruppo che deve essere libera da “etichette”, da condizionamenti sociali stupidi, da sovrastrutture che ci portiamo da casa, perché purtroppo spesso il più delle volte nel nostro mondo va così. Qui, invece, l’unica cosa che conta è essere buoni, essere disponibili, mettere da parte tutti gli atteggiamenti che non hanno niente a che fare con lo spirito di comunione e con quello che è più autenticamente umano e bello. Terzo elemento importante: la ricerca interiore perché, come abbiamo detto più volte, le nostre esperienze hanno una fortissima componente interiore fatta di condivisione di gruppo, di conferenze su tematiche esistenziali, e da momenti di riflessione personale scanditi anche dalla preghiera e dalle messe quotidiane per chi lo desidera. Però, affinché tutto ciò accada, parliamo ai ragazzi in termini di percentuali, ovvero il 10% corrisponde a tutto ciò che facciamo noi del team e dello staff: il nostro lavoro, la logistica, la distribuzione dei vari compiti e lavori, risolvere situazioni, ma c’è un 90% che è in mano loro, che è nelle mani dei ragazzi, che sono le uniche persone che possono garantire che questa esperienza sia vissuta al massimo. Dipende da loro che questa diventi una vera e propria esperienza di crescita personale. Un’esperienza che abbia il fine non soltanto di avere un bel ricordo, o qualche foto carina, ma soprattutto che ognuno di loro possa tornare a casa con più consapevolezza di chi sono, di cosa vogliono fare della loro vita, chi vogliono essere in questo mondo.

Poi passiamo a parlare della “cornice”, ovvero il regolamento, che come abbiamo detto più volte non è una serie di capricci miei o di altri membri del team per rendere la vita impossibile ai ragazzi, anzi. Il senso del regolamento è dare una cornice affinché l’esperienza sia vissuta dai ragazzi nel miglior modo possibile. Così elenchiamo una a una le diverse situazioni che sono importanti da tenere a mente: dalla cura delle relazioni tra di noi, alla cura del posto dove ci troviamo, dalla cura di sè stessi e della propria salute (soprattutto del sonno), all’alimentazione, alle attenzioni vicendevoli avendo sempre a mente il motivo per cui siamo venuti qui. Diciamo loro di aver chiaro che alla risposta al "Cosa sei venuto a fare", segue il capire "Dove sei e con chi lo stai facendo". Spesso, infatti, dalle nostre parti tendiamo a dare molte cose per scontate e a farle in modo automatico, in questo contesto concreto, invece, va sempre tenuto a mente per chi lo si sta facendo. Infine, dopo qualche domanda, alcuni ragazzi si fanno un bagno in mare prima dell’arrivo del pranzo al sacco. Ci ritroviamo tutti alle 13:00 per mangiare. In questi giorni il pranzo sarà sempre servito al sacco in mono porzioni personali: c’e la frutta, l’acqua e anche del cibo di mare.

Dopo aver mangiato partiamo. Ci dividiamo in tre gruppi di lavoro anche se per oggi lavoreremo in due posti diversi, in quanto il terzo luogo nel pomeriggio non è abilitato. Un gruppo di 40 ragazzi con un bel po’ di ragazzi dello staff vanno al "santuario". Il santuario non è altro che un centro polivalente che sarà dedicato alle attività sportive, ricreative e di formazione dove le persone del posto, di un comune molto povero che è quello di San Vicente a Canoa, potranno svolgere attività diverse e avere un sano punto di incontro che qui ancora non esiste. Tutto questo sorge alle spalle di un grande santuario.

L’altra parte del gruppo (gli altri 50 ragazzi) lavorano invece alla costruzione di un campo sportivo che si trova a circa 20 minuti dal santuario. È un posto fatto di tante case distanziate tra di loro dalla fitta vegetazione che è molto presente da queste parti. Sarà un punto di incontro importante per le persone del posto perché anche in questo caso, ancora non c'è un vero e proprio campo sportivo dove poter giocare. Uno degli operai ecuadoriani che ci affianca nei lavori ci confida la sua commozione nel vedere finalmente realizzato un luogo dedicato allo sport.

Così il lavoro va avanti fino alle 17:00. Sono due/tre ore di lavoro molto intense, anche perché qui fa molto caldo ed è tanto umido. Solo i momenti in cui soffia un po’ di vento e in cui le nuvole coprono il sole sono attimi di pace e di sollievo per i ragazzi. Dovremo gestire molto bene l’idratazione e l’uso delle creme solari perché il lavoro con questo sole e umidità è davvero molto tosto. Alle 17:00 i ragazzi ritornano ai loro alloggi: hanno due ore di tempo per rilassarsi, andare al mare, lavarsi e prepararsi. Ci rincontriamo alle 19:00 per la consegna dei libretti dedicati alla riflessione personale. Dopo una breve spiegazione del valore di questi libretti all’interno del viaggio e di come verranno usati, partecipiamo tutti insieme alla messa di inizio missione (obbligatoria per tutti in quanto momento inaugurale ufficiale di queste terze missioni dell’estate con 92 ragazzi arrivati in Ecuador da tutta l’Italia e anche dalla Spagna).

Dopo aver cenato, facciamo un ultimo esercizio: i ragazzi devono affrontare la prima riflessione personale, che è una riflessione composta da un testo introduttorio e da 8 domande che puntano al fatto che ognuno dei membri si faccia la domanda: “In che momento della tua vita ti trovi?” , come sta, che passi in avanti o indietro ha fatto e così via.

Dopo di che, tutti a dormire! La giornata di domani, infatti, sarà ricca di attività e di intenso lavoro.