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June 17, 2023

“Qui non mi sento mai sola”

Fernando Lozada

Tra tutte le esperienze di smarrimento che provano gli adolescenti e i giovani, forse sono due quelle più dure: una è quella della noia, della mancanza di senso, o di trovarlo o di darlo, ai loro impegni quotidiani. L’altra è quella della solitudine, che per quanto contraddittorio possa sembrare visto il livello di connettività che abbiamo raggiunto e che ogni giorno si nutre di nuovi canali o mezzi, costituisce una ferita grandissima nella vita di tanti ragazzi. La paura di rimanere soli porta a non pochi di loro a una tristezza che a sua volta li sommerge nel nascondimento. Ad altri invece questa stessa paura li porta a indossare maschere per essere più accettati, non per chi sono, ma per ciò che gli altri si aspettano da loro, o forse solo per ciò che pensano sia più accettabile dal gruppo. 

Ieri notte, nei gruppi di riflessione, alla domanda come sta andando, la risposta di tutte le ragazze è stata “bene” e a questo bene sono seguite spiegazioni sul suo perché che è molto in sintonia una con l’altra: “sto usando bene il mio tempo”, “sto facendo qualcosa di bello”, “mi trovo bene con il gruppo”, insomma “ci sono tutti gli ingredienti per poter stare bene!”. Una in particolare mi ha colpito: “A Milano mi capita di essere sempre circondata da amici, ma poi quando ho un attimo per me mi sento sola… qui non mi sento mai sola, e soprattutto nei momenti in cui sto fisicamente sola, sento comunque di essere circondata dalle persone del gruppo”. I giovani, come tutti noi essere umani, hanno un disperato bisogno di comunicare, di raccontarsi, quindi di essere ascoltati, ma anche di ascoltare. Quando questo viene a mancare, quando la comunicazione vera, cioè di quanto vero c'è in noi, non c'è, allora sovviene la solitudine: e qui va ricordato che una delle paure più grandi di qualsiasi persona è quella di rimanere soli. Siamo creature sociali, e l’unica garanzia di realizzazione del nostro desiderio di amare ed essere amati si gioca appunto nell’incontro con gli altri.

Oggi la preghiera del mattino è iniziata un po' più tardi. I ragazzi vengono mandati a dormire ogni giorno alle 23:00, ma questo non è garanzia del silenzio stampa nelle stanze… le ore piccole non aiutano poi in tutto ciò che riguarda la salute e la forma fisica per il lavoro… meno ancora a poter essere puntuali. 

Dopo la colazione, divorata dai ragazzi, ci raduniamo in auditorio. Tocca la prima riflessione personale, che si collega a sua volta con la conferenza del giorno precedente, in questo caso quella sulla felicità. Ogni riflessione ha 4 momenti: un primo momento è fatto da brani della filosofia o della letteratura che introducono la tematica. In seguito c'è un brano del Vangelo, a cui segue una spiegazione, una sorta di cornice per la riflessione. Infine tre domande personali.

Dai brani introduttori trovo molto toccante uno dello Zibaldone di Leopardi:

“... il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena né per dir così dalla terra intera, considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, la mole e il numero meraviglioso dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio. Immaginarsi il numero dei mondi infiniti e l’universo infinito e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande di siffatto universo, e sempre accusare le cose di insufficienza e nullità, e patire mancamento e voto e perciò noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di umiltà che si venga nella natura umana”.

A questo brano segue il racconto del giovane ricco, quel giovane che ha tutto, che appunto è ricco dal punto di vista materiale, e che ha tutto anche dal punto di vista morale: è un uomo giusto che segue tutti i comandamenti… ma a lui tutto ciò non basta, vuole raggiungere la vita eterna:

“È la richiesta di come si fa per essere felici. C’è una stagione della nostra vita in cui più di tutte le altre stagioni noi siamo più disposti a dire ad alta voce questo desiderio di felicità, e solitamente è il tempo della giovinezza, poi però è come se per paura che non esista nessuna felicità, o per paura di essere delusi, o di soffrire, cominciamo a nascondere questo desiderio fino a quasi a cancellarlo. Sappiamo che questo ragazzo se ne torna a casa triste perché non riesce a osare, ma rimane una lezione immensa: nessuno può renderti felice se non sei disposto a disobbedire alle tue paure.

Non puoi visitare posti nuovi se poi non sei disposto a lasciare il rassicurante porto dove è ancorata la tua nave.”

A padre Kramer viene affidata l’introduzione alla riflessione personale, collegando la conferenza sulla felicità, come evidenziato dai testi precedenti, alla richiesta sulla vita eterna di questo giovane del Vangelo. Finita l’introduzione ognuno dei ragazzi trova il posto più adeguato per leggere i testi, la riflessione, e rispondere alle domande…

Partiamo alle 9:00 e quindi più o meno alle 9:40 siamo già a lavoro. Quanto fatto fino ad oggi prende sempre più forma, e a questo segue una grandissima soddisfazione per i ragazzi. Vedere che l’opera delle proprie mani e del proprio sforzo inizia a prendere forma è un grande stimolo per tutti loro. 

Il pranzo viene servito alle 13.30, e questa volta la salsa piccante che ogni giorno preparano per noi, è veramente piccante. L’aji amarillo è un peperoncino tipico peruviano che si usa tanto in molti piatti tipici peruviani. Però, prima va bollito e i semi vanno eliminati. Sembrerebbe che oggi questi due processi sono stati fatti solo a metà, perché a differenza degli altri due giorni è veramente piccante. Infatti, molti dei ragazzi amanti del piccante, con l’esperienza dei giorni precedenti, si servono abbondante salsa gialla… inutile dirvi che in molti tornano di corsa alla ricerca di acqua!

Alle 14:30 ci avviamo verso gli orfanotrofi. Con me partono in macchina 4 ragazzi e devo dire che il breve tragitto fatto insieme è molto divertente. C'è una frase che mi fa letteralmente piegare in due: “Nando non hai capito, da questa mattina che mi sono messo a fare il cemento pensavo solo al pranzo”. In effetti, quando arriva l’orario del pranzo, i ragazzi muoiono dalla fame… e ci mancherebbe, con tutta la fatica che stanno facendo. 

Tornati dagli orfanotrofi partecipiamo, sempre più o meno la metà, alla santa Messa. Poi 'è anche un piccolo gruppo che sta facendo a turno per fare da chierichetti, cosa che trovo, personalmente, molto divertente quanto bella. Certo, i vestiti liturgici peruviani arrivano alle caviglie dei nostri ragazzi, che nonostante la giovane età vantano già tanti centimetri di altezza. “Il Signore ci ama per sempre” si legge in una delle letture del giorno. Che bello poter contare su qualcuno che sai che ti ama per sempre. Credo che il cuore di ogni uomo e donna abbia proprio bisogno di questa certezza: di un amore che dura per sempre. Non avere questa certezza, equivale, dal mio punto di vista, a uno stato di instabilità, di paura, di paura dell’abbandono… che brutto vivere con l’idea che chi ci ama possa smettere di farlo… è vero, la vita umana è anche questo… ma allora dico anche che bello poter sperare che questo amore c’è “anche se” viene da Dio. 

Dopo mangiato ci ritroviamo tutti in auditorio per un piccolo briefing, e in seguito un esercizio per chiudere la giornata: ai ragazzi viene chiesto di chiudere gli occhi. Primo esercizio: rendere grazie, per qualcuno, o per qualcosa che accade nella propria vita. Secondo esercizio: chiedere, per qualcuno o per una situazione che ci sta a cuore. Terzo esercizio: pensare a un vissuto in questa giornata dove sei stato fiero o fiera di te stesso.

Finito l’esercizio, le ragazze possono andare, mentre dividiamo i ragazzi in cinque gruppi per la prima riflessione di gruppo. E finite le riflessioni, tutti a dormire!