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July 11, 2023

Siete stati una fonte di gioia e di allegria

Fernando Lozada

La giornata oggi inizia particolarmente presto: alle 6:30. Abbiamo una missione da compiere: riuscire a finire le case entro l’ora di pranzo così da poter avere un pomeriggio sereno e festeggiare con le famiglie alle quali abbiamo costruito le case. Così dopo la preghiera del mattino, siamo tutti pronti alle 7:30 per partire. C’è da dire una cosa che finora non ho ancora mai raccontato, ovvero la presentazione dei ragazzi quando arrivano alla preghiera del mattino. Ovviamente più minuti, anzi addirittura secondi di sonno che si riescono a racimolare meglio è. Così i ragazzi chiedono di essere svegliati il più tardi possibile. Quindi se la preghiera del mattino è alle 6:30, la sveglia puntualmente è alle 6:20. Arrivano in ogni modo: spettinati, qualcuno addirittura in pigiama (anzi la grande maggioranza di loro), molti in ciabatte, in infradito, insomma c’è di tutto. Ovviamente non possono mancare le famose friulane tra le ragazze milanesi. Così c’è una sfilata di pigiami, scarpe buffe e chi più ne ha più ne metta. Così, finita la colazione, c’è una lotta concreta non tanto tra lo staff e i ragazzi (perché allo staff piace fare colazione con calma), ma sono io l’unico “nevrotico” che spinge costantemente i ragazzi ad essere pronti per partire. Mi ritrovo con un esercito di ragazzi in pigiama che vanno spinti a vestirsi e a essere pronti per andare a lavorare. Il problema non è solo togliersi il pigiama e vestirsi da lavoro, ma anche la fatica di convincerli e di insistere sul fatto che se non fumano subito dopo colazione (le loro sigarette e Heets, o come si chiamano) non succede nulla, ma veramente nulla.

Alle 8:30 siamo nella baraccopoli di Villa Maria del Triunfo. Siamo carichi: i vari gruppi si dividono nelle loro postazioni. Abbiamo creato delle squadre di lavoro chiamate “Delta Team” (chi più specializzato nel tetto, chi nelle finestre, chi nelle travi) per aiutare chi è rimasto indietro nella costruzione della casa. C’è una fortissima sinergia tra tutte le squadre: chi corre da un lato all’altro prendendo i rulli a chi ha già finito di verniciare, le spillatrici a chi ha finito il tetto, i martelli rotti che vengono sostituiti con quelli di chi ha già finito la propria casa. Così passa la giornata, i ragazzi si danno tantissimo da fare e devo dire, miracolosamente, perché è veramente un miracolo, finiamo tutte le case per le 13:00 (tranne a pochissime a cui manca qualche lamiera, il che viene risolto in poco tempo).

Iniziamo con le benedizioni. Decidiamo di partire dalle case che si trovano più in alto, cosicché se si prolunga il tempo, non abbiamo il problema della luce per scendere dalla montagna. Benediciamo le prime 8 case con le rispettive famiglie e ragazzi presenti. Poi, piano piano che i gruppi finiscono la propria benedizione vanno a pranzo, mentre quelli delle case più in basso si sono già anticipati nel mangiare. Ogni benedizione ha più o meno la stessa struttura: inizia con le parole di benedizione di Padre Matthew, il quale prende in mando un mazzo di fiori preparato con tanto amore da una delle famiglie e lo sommerge nell’acqua benedetta, e dopo la preghiera del Padre Nostro e l’aspersione dell’acqua, le famiglie pronunciano delle parole di ringraziamento molto sentite. C’è persino chi piange, chi si commuove,  chi ringrazia i ragazzi per il loro buon cuore, chi gli dice che sono stati proprio loro una fonte di gioia e di allegria in questi giorni così grigi.

Il tutto dura fino alle 15:00, ora in cui finiamo di benedire tutte le 15 case. Le case sono tutte finite, i ragazzi sono stanchi, e ora ci aspetta un bel festeggiamento tutti insieme in uno spazio dedicato a un futuro campetto sportivo (che le persone del posto già ci stanno chiedendo). Facciamo un cerchio con i ragazzi e con le persone del posto e... iniziano le danze! Loro ballano per noi, ci coinvolgono, insomma inizia una grande festa. E poi c’è una presentazione e un ringraziamento nella loro lingua nativa: il “Quechua”, che ovviamente nessuno di noi capisce. È una lingua molto passionale e viscerale che possiede tanta forza e tante espressioni. E a ogni parola pronunciata viene data una vera e propria personalità: parlano dell’acqua che entra nelle case quando non hanno il tetto, parlano del freddo che entra nelle case quando non hanno da proteggersi, parlano della terra e della polvere che entrava costantemente in casa quando non avevano una struttura come le case che adesso hanno. E in questa preghiera in lingua Quechua ci si rivolge direttamente a ognuno degli elementi: “tu aria, tu vento, tu terra...non potrai più farci del male”. Il ringraziamento della signora del posto parte dal cuore. Poi ripete ai ragazzi che in questi giorni sono stati luce, sono stati degli angeli e ringrazia Dio della loro presenza e si augura di cuore di non dimenticarsi mai a vicenda.

Dopo questa giornata così bella e carica di emozioni, torniamo a casa. Queste giornate così intense stancano molto i ragazzi, qualcuno addirittura piange per tutta la fatica e la commozione.Ci incontriamo subito in auditorio e ci dividiamo nei vari gruppi per una riflessione finale. Comunichiamo l’orario di domani, che i ragazzi non prendono tanto bene perché speravano di poter dormire di più. Ma abbiamo ancora lavoro da fare: non tanto un lavoro fisico, ma un lavoro “del cuore”. Dopo la messa, ci incontriamo tutti per cena e festeggiamo Leone che oggi compie 16 anni. Abbiamo delle torte e siamo tutti nella gioia. I ragazzi poi si riuniscono con alcuni membri del Team, per preparare scherzosamente le pagelle dello Staff, che saranno lette nella giornata di domani.

Speriamo che la serata, che è l’ultima qui in Perù, non sia presa troppo leggermente dai ragazzi. Infatti spesso i ragazzi hanno l’idea che l’ultima sera si debba fare qualcosa di “trasgressivo”. Ma speriamo che l’unica trasgressione nella loro vita sia l’amore!