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June 26, 2023

Torniamo a casa con il cuore pieno di gioia e gratitudine

Fernando Lozada

Oggi come promesso la sveglia è mezz'ora prima del solito. La preghiera e la prima colazione finiscono verso le 7:20 e alle 7:40 stiamo già partendo nei nostri mini pulmini. I ragazzi lavorano sodo dalle 8:00 fino alle 12:30 quando con precisione svizzera finiamo tutte le case. Finire le case vuol dire non soltanto averle montate, ma aver messo tutte le finestre, aver sistemato tutti i possibili spifferi, e aver verniciato tutti i lati con i colori scelti dalle famiglie. 

Alle 12:30 con un mazzo di fiori e un secchio padre Kramer inizia a fare il giro di ogni casa. In ogni casa si trovano già il gruppo costruttore e la famiglia beneficiaria. In ogni sosta il padre fa una preghiera e benedice la casa, poi i ragazzi abbracciano la famiglia, si rompe la bottiglia che è appesa alla porta principale e ascoltiamo le parole dei beneficiari.

Da spettatore il momento più bello di tutti sono state le parole di ringraziamento di una signora di 85 anni, che ne dimostra veramente più di cento: “Vi ringrazio di cuore per questa casetta, che Dio vi benedica, e che continuiate a fare del bene e ad avere un cuore così grande”. E forse più che le parole, per quanto belle e sentite, è il pianto che segue a ogni frase che pronuncia. Pianto che provoca l’abbraccio, per turno, di ognuno dei ragazzi che hanno fatto la sua casa. 

Dopo un'ora finiamo con tutte le case, e ci raduniamo nella zona pasti. Ci hanno fatto la pasta, che in questa zona del Perù si chiama “sopa seca” cioè zuppa asciutta. E hanno fatto pure il dolce, i "picarones", delle ciambelle di zucca fritte e bagnate nel miele di canna. C'è bisogno di un forte intervento da parte mia affinché i ragazzi non saltino addosso al tavolo dove vengono preparati, e si mettano in fila indiana.  

Torniamo a casa con il cuore pieno di gratitudine, e con un insieme di emozioni, dal desiderio di tornare a casa, alla voglia di continuare a stare qui, che quest’esperienza non finisca mai. Arrivati in albergo molti dei ragazzi fanno l’ultima partita del loro viaggio, e a fine partita possiamo esultare che nessuno si sia fatto male! 

Ci incontriamo tutti in auditorium alle 17:30 e ai ragazzi viene letta questa lettera:

Cari ragazzi, 

Non so voi, ma mi sembra ieri che eravamo ad orari improponibili negli aeroporti di Roma, Milano e, perché no, anche Parigi. Invece sono passate quasi due settimane. Mi sembra anche ieri il rumore di un numeroso gruppo di italiani alla conquista del McDonald's nell’aeroporto di Madrid. Chi già in gruppo perché si conosceva da tanto, chi timidamente si faceva spazio nei vari gruppi, o chi appunto, per la timidezza, non riusciva a fare nessun passo. Poi è stata questione di giorni per diventare sempre di più un gruppo unito, dove male che vada sapete già quasi tutti i nomi, o cognomi, o soprannomi. 

E così in sole due settimane avete trasformato un’intera zona nel quartiere di Vista Hermosa della baraccopoli di Pamplona. Quasi senza accorgervene, perché concentrati in piccoli lavori e movimenti ripetitivi, è sorto un campetto di calcio, pallavolo e pallacanestro, e lì accanto anche un piccolo spazio per i bambini. In una vera e propria montagna avete creato una spianata, dove poter costruire tutto ciò. Ecco tutto questo per dire che per riuscirci avete proprio mosso una montagna, o quanto meno una piccola parte. Ci avreste mai pensato che ai vostri 14, 15 o 16 anni avreste potuto farlo? Dall’altra parte del mondo, senza tutte le sicurezze proprie dell’adolescenza dei nostri giorni? Insieme a così tanti ragazzi con un desiderio simile di fare del bene e fare una piccola differenza dando un senso al proprio tempo?

Avete portato gioia, più di quanta potrete mai immaginare, a persone che sono fondamentalmente sole. Che sí, hanno quelle persone che si prendono cura di loro ma che poi non importano a nessuno, o forse a pochi. E la tristezza più grande mentre si è in vita non è tanto quella di una malattia, o della povertà materiale, ma quella del sapersi solo, abbandonato, perché vuole dire che non hai possibilità di sentirti amato, vuol dire che nessuno si prende cura di te, o che la tua vita non ha valore per nessuno. E tutte queste cose che giustamente adulti, bambini e adolescenti di Sembrando, Bienaventuranzas o Cerrito Azul, potrebbero pensare e sentire, sono state sconfitte grazie a voi, al vostro tempo, alla vostra capacità di mettervi in gioco nonostante la vostra piccola età e tutta la fatica di un duro lavoro mattutino. Li avete nutriti, diventando braccia e mani di chi non le poteva muovere. Li avete fatti giocare, diventando gambe di chi faceva fatica a camminare. Li avete puliti e curati, venendo incontro a chi per l’età non aveva più la possibilità di farlo da sé. 

E poi siamo arrivati a Cañete. Quasi giocando vi siete messi a fare queste case, quelle che oggi avete verniciato e dove da oggi vivranno 10 famiglie. Quasi giocando siete diventati strumento di salvezza per queste persone. Dopo tutta questa esperienza oggi sapete meglio cosa vuol dire avere una casa, e cosa vuol dire non averla proprio. Ecco grazie a voi, 10 famiglie non passeranno più l’inverno al freddo, non avranno più un unico ambiente dove tutto accade, grazie a voi non gli pioverà in testa. Ragazzi questo è qualcosa di meraviglioso e dovete essere fieri di voi. Timidamente le famiglie peruviane vi hanno accolto, ogni mattina stavano lì a cucinare per tutti voi. Hanno preparato quel tavolino di frutta che puntualmente divoravate in vari momenti della giornata. E hanno dato tutto dalle loro tasche, un modo molto piccolo per noi ma immenso per loro, perché non ne hanno manco per loro, di dirvi grazie con un’azione così bella e nobile come è quella di nutrirvi e dissetarvi. 

Ora siamo arrivati praticamente alla fine, e c’è da fare i conti con quanto hai vissuto in questa esperienza: Cosa ti porti ora di ritorno a casa? Quali consapevolezze ora hai che non avevi 14 giorni fa? Sul mondo? Sulla vita? Su chi tu sei? Su cosa vuoi fare della tua vita? Ma anche sulla tua storia, le tue ferite, i tuoi desideri, la tua voglia di conquistare questo mondo, di lasciarci un segno, di trasformarlo in un posto migliore?

Ognuno dovrà darsi delle risposte. Magari tante domande rimarranno senza risposta, ma è importante che ci sia già una domanda o più di una. Tutto parte dalla domanda, dal domandarsi. Un uomo o una donna senza domande non vive, non cammina. All’inizio della nostra esistenza c’è una domanda: sul senso, sull’amore, sulla felicità, su ciò che ci riempie, su ciò che ci da sicurezza… e potremmo andare così fino all’infinito.

In questo viaggio spero che tu abbia imparato che sei unico, che come te non c'è stato, non c'è e non ci sarà mai nessuno. Che per tutto ciò la tua esistenza è unica, alla tua esistenza non possiamo dare un valore, perché ha già un valore infinito. Ognuno di noi lo è. D’ora in poi ogni volta che ti guarderai allo specchio, deve sgorgare questo pensiero: Sono unico, senza di me non si può fare. Ed è vero, sei chiamato a fare cose uniche, non tanto nelle cose in sé, nelle azioni in sé, ma nel modo in cui solo tu lo puoi fare. Se tu non ci sei, tutto cambia. Avremo sì costruito 10 case, ma quella bambina o quel bambino non avrebbero ricevuto i tuoi di abbracci, le tue carezze, le tue attenzioni. O se più d'uno di voi non fosse partito, le case non sarebbero state 10, ma 9, o 8, e allora il peso della tua assenza sarebbe stato maggiore. Avete conosciuto le famiglie, le avete viste, ve la sentireste oggi di dire a chi di loro non avremmo dovuto fare la casa? 

Avrai anche capito che per tanti momenti della tua vita, e anche ora che tornerai, sarai costantemente sollecitato dagli idoli: l’essere noto o famoso, l’essere bello o bella, avere successo, performare sempre al massimo, essere semplicemente all’altezza delle aspettative degli altri: amici, genitori, insegnanti, allenatori, istruttori, fidanzato o fidanzata. Vivere per le aspettative degli altri ha un grandissimo pericolo: rinunciare a essere te stesso, i tuoi sogni, le tue passioni, ma soprattutto rispondere a qualcosa che tu sei e per cui sei chiamato. Vivere al di fuori di tutto ciò può portare allo stress, alla frustrazione, alla tristezza profonda di chi sta fuori dal suo posto. Quante volte vuoi sbattere la testa recitando un ruolo altrui o quello che ti vogliono assegnare gli altri? E quando inizierai a vivere da te stesso, da chi tu sei? Cosa aspetti! La vita è una, limitata, ti ricordi, prima o poi ce ne andremo da questo mondo e solo conterà quanto abbiamo amato. E gli idoli sono il perfetto impedimento ad amare e a partire da ciò che ognuno di noi è. Chi ti ama, e quelli che ami tu, hanno bisogno di te, non di una caricatura di te o un imitatore di ruoli… e se ti amano veramente, amano te, non un insieme di ruoli o maschere.

Ci sono poi stati dei momenti dove abbiamo toccato con difficoltà tutte quelle cose che fanno parte di tutto ciò che ci fa star male, che ci procura sofferenza. Alcune sono diventate vere e proprie ferite che tuttora trasciniamo con noi. Ma non bisogna solo soffermarsi alle sofferenze grandi, se così si possono chiamare, ma pensare anche a tutto ciò che significa una difficoltà per noi. In ogni caso ricorda sempre che tutto ciò che hai vissuto nel male, sia scelto sia sofferto a causa degli altri, non ha l’ultima parola su di te, non ti definisce, sei molto di più di tutto ciò che pensi che in te non va. Sei infinitamente più grande e bello e bella di tutto ciò per cui tu ti senti inadeguato o fuori posto o sbagliato. E ricorda sempre che ogni tua ferita, ogni tua sofferenza, ogni ostacolo o difficoltà che hai incontrato nella tua vita, che stai combattendo ora, o che incontrerai in futuro, prima di tutto non saranno mai più grandi di te, ma l’amore è sempre più grande, a cominciare da quello che ti circonda. E poi, tutto ti servirà: ogni occasione di sconfitta, ogni delusione, ogni sofferenza, appunto, nasconde in sé una possibilità di crescita, di essere più sensibile, più buono, e anche più forte. E tutte le volte che ti sei sentito insufficiente servono anche a ricordarti che da solo non ce la puoi fare. Che hai bisogno degli altri… e forse quando neanche gli altri basteranno, forse ti renderai conto di aver bisogno anche di colui che in molti chiamiamo Dio, Dio Padre.

Abbiamo tanto parlato dell’amore, quell’amore che cerchiamo nelle cose che facciamo e che doniamo, nelle persone che incontriamo, quelle a cui ci affezioniamo, e anche quelle di cui ci innamoriamo. Ma anche di tutte quelle volte in cui l’amore è venuto a mancare, in un amore non corrisposto, in un tradimento, in una delusione. Umanamente vorremmo un amore infinito, senza condizioni, senza se e senza ma, un amore a prescindere. E spero abbiate imparato che nella dinamica dell’amore non si può sopravvivere alle aspettative di ricevere altrettanto in cambio. Tu puoi scegliere di amare, non puoi scegliere chi ti ama, né come né quando né quanto ti amano. L’amore è una scelta, non solo un sentimento, è un'azione consapevole, a volte è vero anche un po’ inconsapevole, ma fondamentalmente è una tua scelta nei confronti degli altri. E per quanto sia molto umano aspettarsi sempre qualcosa in cambio, tutto ciò non dipende da te, ma da quanto amore c'è nelle altre persone. Perciò ti ricordo, se ti capita di sentirti incompreso o non amato o riconosciuto, non è colpa tua. Non è davvero colpa tua, non è conseguenza di qualcosa che non va in te, ma è tante volte solo conseguenza della mancanza di amore intorno a noi. 

L’amore che sogniamo purtroppo non è umanamente realizzabile. Troverai nella vita, come sicuramente quello di mamma e papà, un amore che è quasi incondizionato, che non ha bisogno di prove né di nulla del genere, ma che umanamente sempre prima o poi mostra qualche crepa, perché appunto è umano, e tutto ciò che è umano è fragile e vulnerabile, impaziente. Solo un amore infinito può riempire quel desiderio di infinito a cui il nostro cuore anela. Solo un amore incondizionato può ridonarci la pace e la serenità di cui il nostro cuore ha bisogno, perché solo un amore così ci rassicura sul fatto che non saremo mai soli e mai saremo abbandonati: un amore che sempre sarà con te. Solo un amore eterno può rispondere al principio di eternità che vive dentro di noi. E so bene che un amore così dal punto di vista umano non c’è. Per cui spero, che nel corso della vostra vita, alcuni forse già in questi giorni, vi apriate alla possibilità di essere amati incondizionatamente e con un amore eterno e infinito, quello di Dio, quello divino. Se siamo stati creati da una fonte di amore inesauribile come è quella di Dio, credo che solo in Lui il nostro cuore potrà trovare il vero riposo, la sua casa. 

Siamo tutti più o meno cresciuti in un contesto dove ci hanno fatto credere che per essere amati dobbiamo essere bravi e buoni. Purtroppo anche nel contesto della fede molti siamo cresciuti con quell’idea di un Dio il cui amore non è frutto gratuito del suo essere ma un premio a quanti siamo stati bravi e meritevoli di tale amore. Scacciate via quel pensiero. L’amore se è vero è incondizionato, è un amore a prescindere, non ha bisogno di meriti o di  prove. E nel caso di Dio a maggior ragione. Lui non ti ama perché sei bravo e buono, ti ama perché Lui è buono, e questa non può che essere una garanzia di serenità poiché nulla di quanto noi possiamo fare di brutto, anche la cosa più abominevole, potrà mai far mancare l’amore di Dio nei nostri confronti, nei tuoi confronti.

Tra poco si torna a casa, anche se questo luogo un po’ casa lo è diventata. Sta a voi far fiorire quel seme che sono state queste missioni per voi, e così scoprire e iniziare a vivere anche voi la vostra missione. Ricordate sempre che senza di voi, senza di te, non si può fare. Che quell’amore che tu sei chiamato a portare nessun altro lo può dare. Ci sono persone che solo tu puoi amare, parole che solo tu puoi pronunciare, gesti che solo tu puoi fare, sguardi che solo tu puoi dare, ascolto che solo tu puoi essere. È bello essere te, non recitare altri ruoli, accetta e ama chi tu sei, e ama tutti con quell’amore che solo tu sei in grado di portare in questo mondo… questo mondo ne ha tanto bisogno.

A fine lettera ai ragazzi viene assegnato l’ultimo compito: scrivere una lettera a se stessi. E poi partono, si distribuiscono in tutte le zone dell’albergo con carta e penna e cominciano a scrivere e scrivere. 

Ci rincontriamo in auditorium per celebrare l’ultima messa e un momento di preghiera per dare grazie per quanto vissuto in questi giorni. 

Finiamo queste missioni con una cena normale, ma con tante torte per festeggiare i 15 anni di Bianchina e i 16 anni di Edo, e poi il talent show, il cui contenuto rimarrà solo per chi l’ha vissuto in prima persona!