
Il valore della pazienza
Undicesimo giorno di lavoro, oggi forse per la prima volta la stanchezza dei ragazzi è palpabile. La sveglia è più difficoltosa e la maggior parte di loro non vede l’ora di salire sui bus per “rubare” altri 40 minuti di sonno prima di arrivare al lavoro.
La pioggia degli ultimi giorni ci ha un pochino rallentato e purtroppo, dove stiamo costruendo l’aula, non riusciremo a portare a termine tutti i lavori previsti con i ragazzi. Questo, ovviamente, è un dispiacere per quasi tutti, me compreso, ma può diventare anche uno spunto prezioso di riflessione. Siamo ormai abituati a vivere nel tempo del "tutto e subito", del risultato immediato, della performance costante. Spesso ci sentiamo giudicati se non siamo i primi, i più bravi, i più veloci. In questo modo, abbiamo smesso di costruire fondamenta solide, pur di arrivare il prima possibile in cima. Poco importa se poi, appena ci distraiamo, tutto crolla: siamo già proiettati verso la prossima vetta.
Queste due settimane, invece, forse senza nemmeno rendercene conto, ci hanno insegnato qualcosa di diverso: ci hanno insegnato la pazienza. Nonostante tutta la fatica, le poche ore di sonno, il caldo, i graffi (e che graffi!), nonostante il lavoro intenso e continuo, non vedremo il risultato finale. E sì, un po’ dispiace. Ma è anche profondamente bello. Sono certo che quando arriveranno le foto, i video, o magari quando un gruppo futuro passerà da lì, e vedrà cosa è stato costruito, proveranno comunque, anzi, forse ancora di più, un senso profondo di orgoglio. Perché avranno fatto i primi passi, avranno tracciato il percorso. E in quel momento, non sarà più importante chi avrà completato l’opera. Sarà bello, e sarà sufficiente, averne fatto parte.

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Oggi infine abbiamo avuto il primo giro di giostra in ospedale, tranquilli se non vi ho chiamato non è vostro figlio/a!!! Una piccola disattenzione ha tagliato il braccio di un ragazzo che fortunatamente, con un po' di melodramma per avere il gelato finale, ha comportato solo un 3 punti e un pochino di capelli bianchi per noi.
La sera i ragazzi affrontano l’ultima riflessione personale, quella sull’amore. Attraverso il nostro, ormai amico, Miguel Manara vediamo che il nostro cuore, il cuore di tutti gli umani, desidera un amore duraturo, stabile, senza condizioni. Perchè solo un amore con queste caratteristiche riesce davvero a curare le nostre ferite interiori, a soffocare le nostre sofferenze e a restituirci la pace che tanto desideriamo. Un amore così non è semplice da trovare, ma proprio per questo è prezioso. Le parole di Miguel ci ricordano che ciò che ha valore richiede impegno, tempo, fatica: se fosse immediato e facile, non sarebbe profondo, e l’animo umano non si nutre di ciò che è superficiale.
Un amore autentico ha anche la forza di liberare. Rende liberi perché accoglie senza condizioni, senza aspettative, senza dover dimostrare nulla. Libera dalla vergogna, dal timore di essere invisibili, dal senso di inadeguatezza. Essere amati davvero significa sapere di avere un posto nel cuore di qualcuno, di valere, di essere riconosciuti. E quando l’amore è vero, non soffoca, non impone, ma solleva. Aiuta anche a volersi bene, non in modo egoista, ma attraverso uno sguardo capace di riconoscere ciò che in noi è buono, degno, bello. In questo modo, l’amore guarisce: non perché ignora le fragilità, ma perché le accoglie e, proprio accogliendole, le trasforma.
Dopo la riflessione personale ancora una volta i ragazzi si confrontano fra loro, in dialoghi che ormai scorrono veloci, senza paura di dire quello che si pensa, in cui ognuno ha trovato la sua dimensione. Domani sarà l’ultimo giorno di lavoro, poi sabato inaugureremo i progetti!