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June 21, 2023

Un sogno diventato realtà

Fernando Lozada

Il diario di oggi sarà molto corto. Abbiamo avuto a che fare con una lunga giornata. Lunga e piena di emozioni. Stamattina siamo arrivati verso le 9:30 al nostro cantiere. Oggi non c’era più cemento da realizzare. C’era però tanto ordine da fare. Sempre divisi in vari gruppi i ragazzi si distribuiscono in tutte le zone dove abbiamo lavorato per iniziare a mettere ordine, portare in salvo in materiale avanzato, e per le varie piccole rifiniture da fare. L’ultima parte del lavoro consiste nell’alzare la rete di ferro che eviterà che si perdano troppi palloni di calcio se si segna alla porta che sta dalla parte della discesa della montagna di Pamplona. 

A pranzo finito ci riuniamo tutti nel campetto principale (oltre il campetto abbiamo fatto anche un area giochi) insieme alle persone del posto. La gioia negli occhi dei nostri amici peruviani e il volto di soddisfazione dopo 7 giorni di intenso lavoro dei nostri ragazzi, nel vedere il campetto finito è indescrivibile. Sapere di essere stato gli artefici di questo dono, e che ognuna delle sue parti, nei minimi particolari, sia frutto del loro sforzo è qualcosa che li riempie di orgoglio e soddisfazione. In molti poi si sono confrontati con i bambini e le loro mamme, che oltre a ringraziarli manifestavano quanto fosse importante questo spazio per loro.

Infatti, per avere una visuale migliore, ho salito le scale mentre i ragazzi si preparavano alla preghiera e benedizione del campetto. Devo dire che mi sono commosso, e tanto, non soltanto nel vederli contenti e pieni, ma a causa del contrasto da quel punto di vista di ciò che avevamo fatto, un granello di sabbia si in mezzo a tanta ingiustizia e disuguaglianza, ma un segno di bellezza in mezzo a tutto quell'ammasso di case senza senso e senza grazia. Lì, dall’alto, da dove si vede l’immensità di Pamplona sorge questo campetto e questo parco giochi che con il suo colore giallo danno bellezza e colore, ma danno soprattutto un respiro di speranza alle persone del posto. 

Finita la benedizione abbiamo salutato “los vecinos”, specialmente il gruppo di mamme che durante tutti questi giorni ha cucinato per noi. Oggi molte di loro si sono presentate con i loro figli, e si sono messi a giocare pallavolo (perché il nostro campetto oltre che di calcetto e pallacanestro funge anche da pallavolo) non appena siamo andati via. Noi ci siamo divisi nei nostri tre soliti orfanotrofi. Arrivati lì i nostri ragazzi passano del tempo come gli altri giorni, solo che oggi sanno che non torneranno più. E nel salutare ognuna delle persone con cui hanno stretto un rapporto, il cuore si stringe per il dolore che questa separazione causa, ma poi si gonfia dalla consapevolezza di tutto l’amore che in questi giorni ci hanno messo. 

Tornati a casa organizziamo un torneo di calcio a sette. Lo vince lo staff, con qualche accusa pesante di manipolazione delle partite e corruzione degli arbitri di gara. In ogni caso e al di là di chi ha vinto e chi ha perso, abbiamo un bel momento insieme. Poi andiamo a messa, dopo ce la cena, e infine un briefing finale prima di fare i gruppi di riflessione dei ragazzi. Domani si va in gita… i ragazzi non vedono l’ora… non avrebbero mai detto di essere così felici all’annuncio che la sveglia sarebbe stata alle 7:30… si tratta solo di un’ora che hanno visto come un regalo enorme. E devo aggiungere: ben meritato!